Hynes (Wellington Mgmt): integrare i fattori ESG in un portafoglio di credito migliora la performance – ESGNews.it

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Indipendenza, gestione attiva e sostenibilità. Sono questi gli elementi su cui Wellington Management, società di gestione globale con asset pari a oltre 1.000 miliardi di dollari (dati a dicembre 2023), ha costruito la propria chiave di successo. E che diventano ancor più importanti nello scenario macroeconomico attuale, caratterizzato da grandi cambiamenti, non solo geopolitici, ma anche dal punto di vista dei tassi e dell’inflazione, nonché di aumento della volatilità.

Per cogliere le opportunità derivanti dal nuovo contesto, Wellington management, che da tre anni è presente in Italia con una sede a Milano guidata dal country head e business development manager per il Sud Europa Erich Stock, ha lanciato nell’agosto 2022 il fondo Wellington Euro Credit ESG Fund, focalizzato sulle obbligazioni societarie denominate in euro e classificato come articolo 8 SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation), che va a integrare l’offerta di fondi sostenibili dell’asset manager di Boston che comprende 48 fondi classificati come articolo 8 e sette classificati come articolo 9.

“Stiamo vivendo un momento particolarmente interessante per il settore del credito europeo: nel giro di due anni siamo passati dall’avere circa il 60% dei titoli con rendimento negativo a circa il 90% che rende poco meno del 4%. A nostro avviso” osserva Derek Hynes, Fixed Income Portfolio Manager e gestore del fondo, “le obbligazioni societarie denominate in euro offrono agli investitori le caratteristiche tradizionali dell’obbligazionario: rendimenti, liquidità e diversificazione, e in genere presentano una volatilità inferiore a quella del credito e delle azioni a più alto rendimento”.

Ma il prodotto di investimento finanziario presenta ancheun particolare appeal legato alle proprie caratteristiche ESG. “Riteniamo che l’assenza di standard uniformi tra i fornitori di dati ESG stia generando inefficienze di prezzo nel mercato delle obbligazioni societarie investment grade. Tuttavia, questa situazione sta creando una serie di opportunità per i gestori attivi specializzati che investono in questa asset class” sottolinea il gestore, che è partner di Wellington e coordina un team che dal 2009 gestisce portafogli dedicati di obbligazioni societarie denominate in euro, utilizzando un processo d’investimento che mira a identificare e sfruttare le inefficienze del mercato nei fondamentali societari combinando input top-down e bottom- up.

In occasione della presentazione del fondo Wellington Euro Credit ESG Fund, ESGnews ha intervistato il gestore Derek Hynes, che ha spiegato perché integrare i fattori ESG nei portafogli è sinonimo di buone performance economiche.

Qual è la vostra filosofia di investimento?

Il nostro approccio d’investimento si basa su una approfondita ricerca fondamentale e su una selezione attiva dei titoli nel mercato delle obbligazioni societarie investment grade denominate in euro.

Integriamo il nostro portafoglio principale con un’esposizione opportunistica al mercato globale delle obbligazioni societarie investment grade e ai settori quali cartolarizzazioni, high yield, mercati emergenti e debito convertibile. Cerchiamo di diversificare il rischio attivo attraverso la selezione dei titoli, l’allocazione settoriale, la duration e la valuta. La gestione del rischio di downside è una componente fondamentale del nostro approccio e miriamo a mitigare la ciclicità del credito attraverso un posizionamento attivo.

E sotto il profilo ESG qual è l’approccio del fondo?

Puntiamo alla mitigazione dei rischi di sostenibilità utilizzando un quadro ESG sistematico. Questo significa evitare gli emittenti con i peggiori rating in termini ambientali e sociali (sulla base del nostro metodo previsionale interno), interagire con le società in cui investiamo per incoraggiare il cambiamento positivo e cercare attivamente di ridurre l’impronta di CO2 del fondo al fine di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.

Il nostro framework proprietario assegna agli emittenti punteggi legati alle performance ambientali o sociali in base al sistema di rating interno alla società, frutto di una rielaborazione dei rating ESG dei principali provider di mercato. Utilizziamo un numero significativo di fornitori di dati, specifici per le diverse tematiche, ma alla fine definiamo un nostro giudizio grazie al nostro team di 14 analisti ESG.

Utilizzate anche il sistema delle esclusioni?

Il framework prevede le esclusioni degli emittenti con i più bassi rating “E” e “S” rispetto al nostro quadro ESG proprietario e non investiamo in emittenti che non rispettano gli standard di governance attesi. Inoltre, escludiamo le società dannose dal punto di vista ambientale, come i produttori di combustibili fossili, sociale, come chi viola i principi del Global Compact delle Nazioni Unite o i produttori di armi controverse, e della governance.

Qual è l’obiettivo del fondo in termini di decarbonizzazione?

Il fondo mira a ridurre l’impronta di CO2, misurata in base alla Intensità media ponderata di carbonio (WACI), di almeno il 50% al di sotto della WACI di riferimento del 2019 dell’Indice entro il 2030 e a raggiungere l’azzeramento netto entro il 2050. In particolare, il fondo cerca di impegnarsi con società che contribuiscono per il 50% alla sua WACI, almeno una volta ogni due anni.

Il team svolge quindi un’attività di engagement con le aziende per promuovere cambiamenti positivi e cercare attivamente di ridurre l’impronta di carbonio (carbon footprint) del fondo.

A livello di gruppo, Wellington Management, persegue una strategia di stewardship ed engagement sulla sostenibilità molto attiva. Basti pensare che ad oggi ha effettuato oltre 7.400 riunioni in cui sono stati trattati argomenti su tematiche ESG al fine di creare valore attraverso un dialogo produttivo sui fattori di sostenibilità rilevanti. E sono più di 6.700 le società in cui Wellington ha esercitato il proprio diritto di voto.

Secondo lei incorporare i fattori ESG fornisce un vantaggio sulla performance? Se sì, in che misura?

L’utilizzo dei fattori ESG per la gestione dei rischi rappresenta una novità. Sicuramente, anche nei decenni passati, gli investitori erano già attenti ai temi legati alla governance, che è un elemento connaturato al concetto di fiducia tipico di chi investe nel credito. Ma la considerazione dei rischi associati alla sfera ambientale e sociale è molto più recente. Eppure, essere dotati di dati e approfondimenti su tali questioni è oggi estremamente importante perché permette di identificare le nuove sfide che possono colpire specifiche aziende o interi settori.

Il processo di integrazione dei fattori ESG prevede, prima di tutto, di capire e identificare i rischi legati alla sostenibilità, privilegiando le aziende che si sono dotate degli strumenti necessari a rispondere a tali sfide. Se dobbiamo scegliere, ad esempio, in quale tra due aziende del settore delle utility investire, è probabile che la nostra scelta, a parità di spread, ricadrà sull’impresa che prende molto sul serio i rischi climatici e che ha fissato impegni net zero con chiari obiettivi basati sulla scienza. Se infatti si verificasse un evento climatico negativo tale azienda avrebbe minori probabilità di subire danni economici rispetto all’azienda che non considera i fattori ESG e non si impegna per raggiungere determinati obiettivi climatici, rimandando tale decisione. E’ difficile quindi quantificare questo elemento, perché c’è una parte di aleatorietà legata alla possibilità che si verifiche l’evento, per esempio un disastro naturale, che fa emergere la vera differenza di profilo di rischio. A essere escluse, oltre alle società che causano danni ambientali, sono anche quelle che non si impegnano da un punto di vista sociale.

Questo approccio permette al nostro team di gestione di apportare modifiche migliorative al portafoglio del fondo a basso costo, semplicemente investendo nelle aziende più preparate nel gestire i rischi ESG. In tal modo riusciamo anche a raggiungere il nostro obiettivo, che è quello di sovraperformare un benchmark attraverso la gestione attiva e tramite l’integrazione dei criteri ESG.

Nel caso del fondo Wellington Euro Credit ESG Fund il benchmark da superare è l’indice generale

Bloomberg Euro Aggregate Corporate.

A volte invece gli investitori temono che l’ESG possa essere un costo e ridurre la performance…

Si potrebbe dire piuttosto il contrario. Fare engagement con le aziende per renderle più consapevoli e cambiare il loro approccio al business significa farle diventare anche più resilienti. E questo è ancora più vero nel contesto della transizione energetica.

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March 4, 2024 at 09:29AM

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