Idrogeno, l’isola è fanalino di coda: pochi progetti e anche piccoli – La Nuova Sardegna

Idrogeno, l’isola è fanalino di coda: pochi progetti e anche piccoli – La Nuova Sardegna

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Cagliari Da 3,6 miliardi a 20 milioni di euro. In una battuta così si può declinare il dossier idrogeno verde per la Sardegna. La prima cifra è relativa alla somma destinata per lo sviluppo della filiera idrogeno, nel Pnrr, di cui il Governo ha già stanziato 500 milioni di Euro. La seconda è quella che è stata assegnata alla Sardegna, che ha avuto approvati tre progetti. Altri due, pur approvati saranno finanziati solo con risorse regionali.

A livello geografico, il Mezzogiorno è l’area maggiormente interessata, con 28 dei 52 progetti. Al Nord prenderanno vita 17 progetti e al Centro 7. Guardando alle singole Regioni, gli investimenti più ingenti sono concentrati in tre regioni del Sud: Campania, Puglia e Sicilia. A seguire, spiccano due Regioni settentrionali: Lombardia e Trentino-Alto Adige. La Sardegna è l’ultima con tre progetti di cui uno però è bloccato, visto che riguarda i terreni contesi tra Consorzio Industriale provinciale di Sassari ed Eni Rewind. Gli altri due invece vanno avanti, e riguardano la Maffei Sarda Silicati, con l’impianto di Ossi e la Sotacarbo con quello di Nuraxi Figus nel Sulcis. In entrambi i casi la produzione di idrogeno da rinnovabili, da qui la dizione di “verde” servirà ad abbattere le emissioni inquinanti dai tradizionali processi di lavorazione. Per adesso le dimensioni di questi impianti-prototipo sono contenute, nel caso della Maffei si parte da 44 tonnellate l’anno per arrivare in prospettiva a 130, ma l’obiettivo è verificare le tecnologie di estrazione e la loro applicazione ai processi tradizionali, e vedere come può svilupparsi una futuribile rete regionale dell’idrogeno, che non è detto avrà questi come poli di produzione e consumo sia sardo che nazionale. Questi progetti sono tutti su scala ridotta e sia per la parte finanziaria che per quella infrastrutturale non rappresentano quella massa critica indispensabile per fare il salto di qualità in un sistema decarbonizzato e a forte presenza di idrogeno verde. Del resto è l’intera filiera che è ancora in fase di costruzione, con il binomio rinnovabili-elettrolizzatori per la produzione di idrogeno che lascia ancora dubbi. Nelle scorse settimane l’Usgs, il servizio geologico del governo americano, come riportato dal Financial Times, ha ritenuto credibile l’ipotesi che nel sottosuolo siano conservate quantità astronomiche di idrogeno, centinaia di volte il fabbisogno annuo mondiale. Partirà una nuova corsa all’oro? Forse. Di sicuro l’Ue non aspetta e ha dato il suo assenso al maxi-progetto battezzato Hy2Infra e al pacchetto da 6,9 miliardi di aiuti governativi destinato a finanziare un totale di 33 opere infrastrutturali in sette Paesi membri. In Germania, ma anche in Italia, protagonista con Energie Salentine, Saipem e Snam. L’obiettivo una rete integrata e aperta capace di far decollare la fonte green, portandola dalla nicchia attuale alla larga scala.

Elettrolizzatori, impianti di stoccaggio, condutture e terminali di trasbordo: i piani infrastrutturali sostenuti da Roma, Berlino, Parigi, L’Aja, Varsavia, Lisbona e Bratislava sono stati classificati da Bruxelles come un importante progetto di comune interesse europeo . I quasi 7 miliardi di sussidi autorizzati dall’Ue dovrebbero, secondo le stime, sbloccare altri 5,4 miliardi di euro di fondi privati, portando il valore complessivo dell’operazione a circa 12,3 miliardi.

Da questo punto di vista le 52 Hydrogen Valley finanziate dal nostro paese sono solo una goccia nel mare degli investimenti, che nella stragrande maggior parte dei casi si affidano a imprese dalla capacità finanziaria, progettuale e commerciale internazionale. Una goccia che rischia di ridursi per l’isola se uno dei tre progetti, quello di Porto Torres, dovesse rimanere ingabbiato nella diatriba Eni-Consorzio.

March 5, 2024 at 08:00AM

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