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A livello europeo, le industrie creative si mobilitano sui temi della sostenibilità
Versione italiana di
Laura Galbiati
Pubblicato il
6 mar 2024
Le industrie creative della moda si mostrano unite e continuano a mobilitarsi su questioni relative a sostenibilità e regolamentazioni. L’European Fashion Alliance (EFA), che si era già riunita a Bruxelles nel corso di una tavola rotonda lo scorso giungo, ha organizzato martedì 5 marzo, sempre nella capitale belga, una prima conferenza per fare il punto sui progressi del settore in termini di transizione ecologica e regolamentazione, alla presenza, tra gli altri, di Iliana Ivanova, Commissaria Europea per l’Istruzione, la Cultura, il Multilinguismo e la Gioventù, e delle massime autorità della moda europea.
Un’occasione, per queste ultime, di riaffermare la loro unità attraverso l’EFA, un’alleanza fondata nel 2022 che ha acquisito un’entità giuridica a Berlino all’inizio dell’anno e che riunisce 28 membri, 25 federazioni della moda, 10.000 PMI e 11 Fashion Week. Più di un centinaio di persone hanno partecipato all’evento, durante il quale l’EFA ha presentato la sua prima inchiesta sullo "Status of European Fashion”, che fa il punto sull’industria della moda creativa in Europa.
Tra i risultati più significativi di questa ricerca condotta tra i player del settore in Europa (marchi e professionisti), emerge la difficoltà delle aziende ad impegnarsi nella transizione ecologica, in particolare le PMI (il 47% delle quali impiega meno di dieci persone), che rappresentano oltre il 90% dell’industria tessile e dell’abbigliamento in Europa. Se l’88% degli intervistati indica di aver investito nella sostenibilità in termini di risorse umane e finanziarie, il 59% afferma di non essere dotato di uno strumento o di un supporto per una transizione sostenibile e solo il 52% degli intervistati dichiara di essere a conoscenza delle normative sull’eco-progettazione di prodotti sostenibili (Ecodesign for Sustainable Products Relugation – ESPR), adottato dalla Commissione ambiente del Parlamento europeo all’inizio dell’anno, dopo l’approvazione da parte degli Stati membri.
Coinvolgere le PMI
Tale regolamento introduce, tra le altre cose, un passaporto digitale per una vasta gamma di prodotti, compreso l’abbigliamento. Prevede inoltre il divieto di distruggere gli indumenti nuovi invenduti, ma anche il divieto di riciclare gli articoli invenduti. "I grandi gruppi del lusso sono consapevoli degli sviluppi delle normative sulla progettazione ecocompatibile. Ma non è la stessa cosa per le PMI, che non sono ancora tutte coinvolte. È nostro ruolo informarle su questi temi", afferma Elke Timmerman, responsabile delle relazioni internazionali del Flanders District of Creativity.
«C’è ancora molto da fare, anche in termini di immagine. Il 66% degli intervistati, infatti, pensa che il grande pubblico abbia una percezione negativa della moda, in quanto associata alle cattive pratiche del fast fashion. Bisogna raddrizzare il tiro e spiegare meglio il reale valore della moda creativa”, Aggiunge Timmerman. "Questo sondaggio costituisce una prima base, che ci aiuterà anche a definire le nostre raccomandazioni a livello europeo. Per noi, ciò che è importante è che siamo tutti allineati".
“L’importante è mettere al centro la creatività. Le nostre esigenze sono state ascoltate sull’eco-responsabilità e tracciabilità. Ma altri punti devono essere affinati, perché troppo generali per essere applicati così come sono al settore della moda. In particolare per quanto riguarda la circolarità e il riciclo, perché non tutti i materiali lo sono nel tessile. Chiediamo di essere ascoltati”, spiega il presidente di Camera Nazionale della Moda Italiana (CNMI) Carlo Capasa.
I membri dell’EFA vogliono far sentire la propria voce ora che la Commissione Europea deve ancora adottare gli atti delegati (ovvero i decreti attuativi), che specificheranno per ciascun settore come mettere in pratica le nuove norme. "Con questo primo studio appena pubblicato sono state soppesate tutte le questioni sostenibili. Per noi l’obiettivo è esprimerci con un’unica voce per preservare, costruire e promuovere i valori della creatività e del savoir-faire europei. Nel nostro caso, i criteri adottati in ultima analisi devono riflettere questi valori", commenta Pascal Morand, presidente esecutivo della Fédération de la Haute Couture et de la Mode.
"Nel nostro approccio alla sostenibilità, dobbiamo pensare in termini di valori e non di volumi. Ci sono valori culturali, intellettuali, sociali, economici e ambientali. Tutto ciò deve essere preso in considerazione e il processo deve essere integrato in tutti i livelli aziendali", riassume Guy Morgan, direttore dello sviluppo sostenibile di Chanel, che ha partecipato a una delle tavole rotonde. Un processo non sempre facile, soprattutto per le aziende più piccole come quelle dei creatori indipendenti, ad esempio il danese Henrik Vibskov, che sottolinea: "Con tutte queste nuove regole, siamo confusi. Ci vorrebbe una persona a tempo pieno che si occupi solo di questo, il che è impossibile per maison piccole come la mia".
Da parte sua, Ruth Reichstein, policy coordinator presso il gabinetto della presidente della Commissione europea, evidenzia "il ruolo cruciale del settore creativo e l’importanza di utilizzarlo per promuovere la transizione ecologica", pur riconoscendo che è necessaria "una maggiore coerenza”.
"Oggi due attori sono impegnati in questo processo di creazione del valore, da un lato le istituzioni europee con il Green Deal, e dall’altro l’industria creativa con lo sforzo che sostiene verso la sostenibilità. Se entrambi continueranno in questa direzione, l’intero pianeta ne trarrà beneficio", ritiene Simone Cipriani, attivo all’interno dell’Alleanza delle Nazioni Unite per la moda sostenibile e fondatore dell’Ethical Fashion Initiative, ricordando come "l’Europa è un’oasi, dove pensiamo a un futuro che sia possibile e dignitoso per tutti".
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March 6, 2024 at 09:57PM