Non ci sono “rifiuti” alla Milano Fashion Week – Nonsoloambiente
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Tra collezioni di upcycling e
installazioni provocatorie, la settimana della moda milanese ha parlato di sostenibilità sulle passerelle.
Una Milano Fashion Week che ha fatto della sostenibilità il suo vessillo. La settimana della moda donna
conclusasi lo scorso 26 febbraio è stata, almeno nelle forme di protesta e
nella comunicazione, fortemente improntata a messaggi di sostenibilità ambientale e umana. La manifestazione è partita con la
provocatoria installazione
– realizzata da Factanza Media e Fondazione CESVI – che rappresentava
un’auto demolita da chicchi di grandine giganteschi. Su tutto campeggiava la
scritta Climate change doesn’t exist:
un messaggio che non ha bisogno di molte
spiegazioni.
Sostenibilità, know-how e
nuove generazioni
Ma sono state le passerelle il
luogo in cui si è avvertita maggiormente l’impronta ambientalista. From trash to flash è la collezione che Afro Fashion ha portato alla Milano Fashion Week e, già dal titolo,
lascia presagire un forte orientamento green.
La capsule
collection parte dal denim
riciclato per arrivare al cashmere e ribadire la necessità di un ponte che
unisca sostenibilità e dimensione sartoriale.
In realtà, questa collezione è un’esperienza più ampia e articolata che precede
la presentazione dei capi. Un progetto che si è basato sul coinvolgimento di studenti
e studentesse dell’Accademia del Lusso
e dell’Accademia di Belle Arti LABA
Douala. L’esperienza ha avuto inizio proprio a Douala, città del Camerun, dove i giovani designer hanno selezionato i capi in denim raccolti nei mercatini. Come già visto con esperienze
virtuose di aziende
e associazioni
sui territori, rivolgersi ai più giovani con attività di sensibilizzazione è
essenziale. Significa dare profondità e coerenza al tema ambientale, ma anche avere a che fare con una cassa di risonanza sociale. Non solo:
il coinvolgimento delle nuove generazioni si ammanta di un’ulteriore valenza
simbolica. Equivale a mettere in
comunicazione territori e tradizioni, passaggio di testimone metaforico tra
l’artigianato e le tecnologie del presente.
L’upcycling contro l’idea del
“rifiuto”
Non è la prima collezione che
passa dalla Milano Fashion Week e si
basa sulla sostenibilità umana e ambientale. Lo scorso anno, ad esempio, Prism ha portato in passerella la sua
idea di moda circolare. Mentre le
presentazioni 2024 hanno visto lo show del brand Avavav svolgersi su una passerella
coperta di rifiuti. Una sfilata
che ha acceso i riflettori sulla polisemia
del rifiuto, facendolo diventare allegoria
dell’odio social. È stato
inevitabile, però, pensare alla contraddizione
tra il mondo patinato della moda e la quantità di rifiuti che esso produce.
Anche sul fronte delle collezioni
maschili, Simon Cracker continua
il suo lavoro di recupero dei
materiali. Con l’ultima
collezione presentata lo scorso gennaio si dichiara la centralità dell’upcycling nella sua essenza di essere “un mezzo, ma
non un fine”. Il brand, infatti, continua a sovvertire la retorica legata al riuso, collocando i materiali in una posizione
preminente e sradicando il concetto di “scarto”.
Moda e proteste
Spesso, le settimane della moda di tutto il mondo sono l’occasione per far
alzare un grido di protesta. Denunce portate avanti in modo spettacolare,
capaci di attirare l’attenzione di media
e singoli partecipanti per far arrivare un messaggio in modo più capillare e
incisivo. La settimana della moda
berlinese, che si è svolta dal 5 all’8 febbraio, ha visto scendere in piazza Greenpeace per protestare contro il
sistema moda. Gli attivisti hanno portato con sé 4.6 tonnellate di vestiti: le stesse che ogni settimana vengono
conferite in Ghana e negli altri Paesi vittime
del fast fashion occidentale. Un
problema che non è solo ambientale,
ma anche sociale e politico, la cui risoluzione richiede un rallentamento nei ritmi produttivi e
nelle attitudini di distribuzione e
acquisto.
Incentivare l’acquisto di capi in
base alla loro stagionalità, però, è
proprio l’essenza della Milano Fashion
Week e delle settimane della moda
di tutto il mondo. Manifestazioni che non esauriscono con questo il loro
impulso alla iper-produzione di capi di abbigliamento. Anzi: le fashion week si accompagnano, come se
non bastasse, a un turbinio di eventi
dedicati ad appassionati e addetti ai lavori.
Presentazioni collaterali e feste, inevitabilmente, si traducono in
una rassegna di outfit pensati per
queste occasioni esclusive. Insomma, già ripensare la moda al di là delle collezioni stagionali appare
futuristico. Il sistema è ben più articolato di ciò che appare come punta
dell’iceberg e immaginare di rivoluzionarlo in pochi e semplici passaggi risulta
quantomeno ingenuo. Perciò, ben vengano i messaggi forti in passerella,
accompagnati da provocazioni e installazioni che non lascino
indifferenti. A patto, però, di agire davvero, dopo.
Immagine di copertina: di Michael
Lee su Unsplash
March 7, 2024 at 09:43PM