Come cambia l’e-commerce, tra sostenibilità, partnership e ricerca di valore – la Repubblica
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Se il commercio elettronico nel tempo ha suscitato, a fasi alterne, entusiasmo, diffidenza, morbosità e sorpresa nei consumatori, per i retailer tradizionali, sviluppatisi a suon di punti di vendita Brick & Mortar, l’e-commerce è stato prima un nemico, poi un mal di testa, poi una necessità e infine per alcuni (ancora pochi) un’opportunità. Roberto Longo, partner McKinsey & Company, durante l’eCommerce Food Conference, ha presentato le valutazioni della società di consulenza rispetto a trend ed evoluzioni del commercio online nel prossimo futuro.
Tra emozioni, paure e conti che non tornano, possiamo essere d’accordo con Longo che l’andamento dell’e-commerce nel nostro Paese possa essere definito “ondivago”; d’altra parte, bisogna considerare che gli eventi degli ultimi anni hanno determinato un prima, un durante e un dopo (pandemia). Nel “prima”, vale la pena ricordarlo, gli italiani avevano una limitata scelta di delivery e asporto, la spesa si programmava in base ai pasti e la socialità a tavola era prevalentemente al ristorante. Poi c’è stato il “durante”, dove si è osservata una crescita esponenziale dell’e-commerce e lo sviluppo di un’offerta emergenziale da parte di retailer e ristoranti. Dopo, abbiamo osservato una normalizzazione della crescita dell’e-commerce e il ritorno alle esperienze del “fuori casa”. Le decisioni sul “cosa” mangiare hanno apprezzato la possibilità di scelte istantanee con l’incoronazione del quick-commerce e anche il mangiare insieme non necessariamente passa più solo dal ristorante ma spesso da una delivery a casa.
Nel futuro cosa ci possiamo aspettare? Longo apre due scenari, uno più conservativo e uno più accelerato. Quest’ultimo vede investimenti e crescita significativi (in particolare instant+fast) e investimenti in efficienza operativa da parte dei retailer, consentendo loro così maggiore competitività dei prezzi. Mentre nello scenario conservativo, ci si prefigura investimenti più limitati, con poca sensibilità ai tempi di consegna e una limitata capacità di contenere i costi e, di conseguenza, di garantire la competitività del canale online.
Detto in numeri, se per i Paesi con alta penetrazione (identificati in Usa, Gran Bretagna, Francia e Svezia), la crescita accelerata prevede un passaggio, entro il 2030, dal 10% al 18%, nel caso di quella conservativa si cresce solo dell’1%, analogamente nei Paesi in via di sviluppo (e-commerce), tra cui l’Italia, dall’attuale 3% si passerà a un 8% per la visione più ottimistica oppure a un più mesto 4% per quella conservativa.
Detto questo, sembra proprio che le scelte dei retailer dei prossimi due o tre anni decideranno il futuro dell’e-commerce nel nostro Paese. Le valutazioni passeranno dall’osservazione dei trend che, secondo McKinsey, saranno: lato domanda, una ricerca di valore da un lato e una frammentazione della spesa dall’altro, cui si aggiunge un’altra variabile afferibile al “dopo” che è la sostenibilità. Lato offerta, osserveremo, intanto, un ampliamento dell’ecosistema di attori presenti all’interno del mondo e-commerce (il faccio tutto da solo va verso il tramonto). Accordi, partnership, acquisizioni, tante le scelte possibili, ma l’evidente bisogno di velocità di risposta e di adattamento è un chiaro segnale di come, in presenza di una tecnologia mai sopita, anche i retailer del food si siano resi conto che il passo andava velocizzato.
Quindi, per fare qualche esempio, andiamo dall’accordo tra Tesco ed Uber Eats per Tesco Whoosh, all’acquisizione di una quota di minoranza come è successo a Rewe con Flink o, al contrario, di una quota di maggioranza come per Delivery Hero con Glovo. La joint venture è un’altra opzione e qui torna utile l’esempio di Marks & Spencer con Ocado per la distribuzione dei prodotti M&S o la scelta di fare massa critica nel caso di Getir che ha acquisito Gorillas e Weezy.
Inoltre, si cancella la rassegnazione che il canale online sia in perdita per default e si cerca di renderlo profittevole, un tema che è avvallato dalla presa di coscienza dei retailer della loro potenza come medium: oggi, in Europa i retail media hanno una penetrazione del 10% e negli Usa del 15% e si prevede che nel 2024 gli investimenti saranno rispettivamente intorno ai 20 miliardi per le Europa e 60 negli Stati Uniti.
Per capire come si evolverà la domanda, McKinsey ci da alcuni numeri dalla ricerca Consumer Survey 2024, fatta in 11 Paesi europei, tra cui l’Italia. Ai consumatori è stato chiesto: “In quante diverse insegne hai fatto la spesa settimanalmente nel 2023? (in negozio e online)”. La risposta è stata per la stragrande maggioranza in 2 (34% europei mentre il 37% il dato Italia) e in 3 (29% Europa, 30% Italia), mentre il dato italiano su chi non fa la spesa regolarmente 7% si equipara a chi la spesa la frammenta in 4 insegne diverse.
Davanti a tanta infedeltà, il cliente omnicanale sembrerebbe una ventata di rassicurazione: infatti, non solo spende il 50% in più rispetto ai consumatori monocanale ma è 3 volte più fedele di quelli solo online. In quanto a questi ultimi, la maggiora parte di loro (43%) appartiene alla GenZ, che è anche la fascia di consumatori più attenta a trasparenza e sostenibilità. Il futuro è quindi tutto da disegnare, tenendo conto che l’arena competitiva si fa sempre più affollata e che le decisioni in questo campo vanno prese celermente, la via degli accordi è aperta, meglio approfittarne.
March 11, 2024 at 10:40AM