Integrazione, equità e inclusione: il fattore ESG accelera le aziende “social” – Asarva

Integrazione, equità e inclusione: il fattore ESG accelera le aziende “social” – Asarva

https://ift.tt/BW1ivVs

In Italia, c’è un crescente dibattito riguardante la diversità, l’equità e l’inclusione. Questo fenomeno è alimentato dai cambiamenti nella composizione sociale, da iniziative esemplari da parte di alcune aziende e dalle nuove prospettive verso la sostenibilità, un aspetto sempre più centrale per le imprese del momento attuale.

Per studiare in profondità l’impegno delle aziende italiane sul fronte della diversità, dell’equità e dell’inclusione, il CERC (Centre for Employee Relations and Communication) dell’Università Iulm, da sempre attento a queste dinamiche, propone uno studio che si inserisce perfettamente in un filone di ricerca emergente che sottolinea l’importanza di comprendere contestualmente gli approcci verso la gestione di queste tre specifiche e fondamentali tematiche.

In aggiunta, questo studio esplora un aspetto spesso troppo trascurato dalla ricerca: il ruolo cruciale della comunicazione. Quest’ultima non solo aiuta a costruire specifiche idee riguardo alla diversità all’interno delle organizzazioni e nella società nel suo insieme, ma anche a diffonderle.

Per approfondire queste tematiche ed entrare nello specifico della ricerca abbiamo intervistato Silvia Ravazzani, professoressa e direttrice scientifica della ricerca CERC.

Quali sono i motivi di questa ricerca sulla Diversity Equity & Inclusion e qual è stata la metodologia applicata?

Lo studio Diversity Equity & Inclusion – Stato dell’arte e prospettive per le aziende italiane è stato condotto dal Center for Relations and Communication che è il Centro di ricerca dell’Università IULM, focalizzato sui temi delle relazioni e della comunicazione con i collaboratori.

Questa ricerca ha avuto come obiettivo principale quello di ricostruire l’impegno delle aziende italiane su questo fronte e, tramite il confronto con i risultati di un’indagine analoga di cui mi ero già occupata nel 2010, ha consentito anche di rilevare l’evoluzione dell’impegno delle aziende a favore della diversità nel tempo.

Perché abbiamo voluto studiare questo tema? Abbiamo assistito in questi anni a una crescente attenzione da parte della società e delle organizzazioni, dovuta a diversi fattori. Ne cito solo alcuni conosciuti da tutti:

  • L’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
  • I criteri di ESG con cui le aziende sono chiamate a misurarsi.
  • La pandemia, che ha generato questa maggiore attenzione ai temi di qualità sostenibilità nel binomio vita lavoro.
  • L’entrata nel mondo del lavoro delle nuove generazioni che sono sempre più sensibili a questi temi.

La nostra ricerca si è focalizzata sulle figure responsabili della gestione DEI nelle aziende italiane si è svolta in due fasi: una fase qualitativa con focus group e interviste svolta nel 2022, che ha coinvolto 13 aziende, 21 partecipanti in totale e una seconda fase quantitativa basata su un’indagine su campione svolta nell’estate di quest’anno del 2023, che ha coinvolto centotre aziende.

Su quali aspetti le aziende italiane si sono concentrate maggiormente e quali azioni pratiche si sono dimostrate efficaci nel promuovere l’equità e l’inclusione sul luogo di lavoro?

Le aziende italiane investono in DEI principalmente per valorizzare la varietà delle caratteristiche individuali, aumentando così la capacità di competere e innovare.

Tra gli obiettivi ci sono anche la garanzia di un trattamento equo e la risposta alle aspettative di comportamenti responsabili riguardo l’integrazione della diversità.

Le dimensioni prioritarie di intervento sono genere, genitorialità e orientamento sessuale. Tuttavia, le aziende lavorano anche su altri aspetti, come condizioni di malattia e disabilità, questioni generazionali e diversità religiosa.

Le pratiche di supporto sono numerose e possono essere sintetizzate in:

  • lavoro flessibile,
  • formazione per sensibilizzare su pregiudizi e creare così una cultura del rispetto di tutte le diversità
  • programmi per sostenere l’equilibrio vita-lavoro e il benessere delle persone
  • le partnership e le certificazioni

Infine, per il cambio culturale, è emerso come fondamentale il ruolo svolto dalla comunicazione interna, mentre la comunicazione esterna è meno utilizzata per evitare il rischio di ‘diversity washing’, preferendo consolidare prima internamente la cultura della diversità.

In che modo le aziende hanno coinvolto attivamente i dipendenti nel processo di promozione della diversità, equità e inclusione, e quali sono stati i risultati ottenuti in termini di coinvolgimento e partecipazione?

Il nostro studio ha rilevato un forte coinvolgimento di tutte le persone in azienda come target delle pratiche DEI e delle comunicazioni interne su questi temi. Molti collaboratori sono stati coinvolti come ambasciatori della comunicazione interna ed esterna, diventando testimonial attivi sulla diversità, equità e inclusione e condividendo le loro esperienze.

Gli Employees Resource Groups sono stati creati per discutere e agire su specifici temi DEI, permettendo ai dipendenti di produrre contenuti e partecipare attivamente.

Un ruolo fondamentale è stato attribuito ai middle e people manager, considerati figure chiave nell’attuazione di un approccio equo ed inclusivo nella gestione del personale; le aziende si sforzano di coinvolgerli intensamente come destinatari delle pratiche DEI e della comunicazione interna, incoraggiandoli ad assumere il ruolo di modelli aspirazionali.

Tuttavia, una sfida emergente riguarda il middle management che spesso adotta le iniziative DEI solo formalmente, senza una reale revisione dei compiti e delle priorità che permetterebbero una partecipazione effettiva a queste iniziative. Questo approccio limitato rischia di vanificare gli sforzi e rendere il percorso verso il cambiamento culturale più complesso

Quali benefici tangibili hanno riscontrato le aziende dall’implementazione di azioni per promuovere la diversità, l’equità e l’inclusione e in che modo questi benefici potrebbero essere rilevanti per le PMI italiane in termini di miglioramento sia del clima organizzativo ma anche, e soprattutto, della produttività?

Le aziende coinvolte nella nostra indagine hanno evidenziato diversi benefici tangibili dall’implementazione di pratiche DEI.

Il principale è l’aumento del benessere e della sicurezza psicologica percepiti dai dipendenti, che a sua volta porta a una maggiore soddisfazione lavorativa e a un incremento dell’engagement; un altro beneficio significativo è il miglioramento della reputazione esterna dell’azienda, che risponde alle aspettative degli stakeholder su questi temi cruciali.

Questo si collega anche alla maggiore capacità di attrarre nuovi talenti e trattenere le persone in azienda. La pandemia e l’ingresso delle nuove generazioni nel mondo del lavoro hanno spostato il focus sulla qualità del tempo lavorativo, sulla flessibilità e sul sentirsi valorizzati.

Inoltre, è stata rilevata un’accresciuta capacità di competere e innovare, un beneficio chiave anche secondo altri studi internazionali. La diversità porta a una molteplicità di idee e prospettive, migliorando il problem solving e lo sviluppo di soluzioni innovative.

Questi benefici sono rilevanti sia per il miglioramento del clima interno sia per la produttività e l’innovazione, e sono applicabili a tutte le dimensioni aziendali, incluse le Pmi.

È fondamentale considerare che ogni azienda, piccola o grande, ha esigenze diverse e il tema DEI richiede un approccio personalizzato tenendo conto delle specificità organizzative, del settore di riferimento, della composizione demografica dei dipendenti e della cultura interna

Nel 2010 era stata svolta una prima ricerca nell’ambito dell’allora Laboratorio Comunicazione interna, oggi CERC. Era stata realizzata una survey su un campione di 90 aziende per studiare lo stato del Diversity Management in Italia. A oltre dieci anni dal precedente studio, qual è stata l’evoluzione dell’impegno delle aziende italiane nel tempo sul tema della diversità?

Dalla comparazione dei due studi del 2010 e del 2023 emergono tre elementi principali di evoluzione. Primo, la gestione DEI è diventata più strutturata e basata su metodi manageriali. Ora, nei 2/3 delle aziende italiane c’è una funzione o un ruolo responsabile diretto per DEI, a differenza del 25% del 2010. Secondo, la pianificazione delle attività DEI è aumentata significativamente: ora il 62% delle aziende ha un piano, rispetto al 37% del 2010, e il 77% dispone di un budget specifico per queste attività, a fronte del 28% del 2010.

Inoltre, si è verificato un cambiamento nel linguaggio usato per le questioni di DEI. Ad esempio, ‘multiculturalità’, una volta tra le parole più usate, ha perso popolarità a favore di ‘inclusione’ ed ‘equità’, ma il termine ‘diversità’ rimane centrale. Infine, l’approccio complessivo delle aziende a DEI ha visto un’evoluzione, con un maggiore bilanciamento tra obiettivi sociali, morali e di business. Questo si traduce in un approccio più pragmatico e sfumato, tenendo conto sia delle esigenze delle persone sia delle necessità aziendali in un modello organizzativo guidato dagli stakeholder.

Giuliano Terenzi (Fonte: https://ift.tt/WVicYx5)

March 11, 2024 at 09:18AM

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *