Misurare le performance della sostenibilità: imprese nella giungla Esg – AboutPharma
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Se l’Orazio di Shakespeare (“Ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni …”) si occupasse di sostenibilità e non di filosofia, vedrebbe un mondo fatto di aziende, enti e istituzioni che sugli indicatori Esg rischiano di non raccontare la realtà.
Non perché le aziende mentano su cosa stiano realmente facendo, ma perché non sempre gli strumenti di misurazione delle performance sono efficaci.
Confusione sugli strumenti
“Le transizioni non sono mai perfette e in questo momento c’è una grande confusione sugli strumenti dell’Environmental social and governance, legata al fatto che tante aziende fornitrici s’improvvisano. È un’asimmetria informativa che va a favore dei fornitori di gestione e reportistica. Ma l’asimmetria si ridurrà man mano che si diffonderanno tool grazie ai quali le aziende avranno accesso a strumenti di qualità e a costi più competitivi nell’arco di un anno, trasformando il costo della sostenibilità in un investimento”.
Ne parla Paolo Taticchi, professore in strategia e sostenibilità e school deputy director alla University College of London, a spiegare cosa possono fare i software che impiegano il cloud, ChatGpt e l’intelligenza artificiale a favore di grandi aziende, Pmi e quotate.
Le prossime scadenze
Secondo la Ue Corporate Sustainability Reporting Directive, le prime (oltre 250 dipendenti e 40 milioni di euro di fatturato), le quotate o anche le Pmi parte di una catena di fornitura, devono dotarsi di strumenti di misurazione Esg perché obbligate alla rendicontazione di sostenibilità.
Ciò avverrà rispettivamente a partire dal 1° gennaio 2025 per le grandi aziende, dal 2026 per le seconde e dal 2028 per le altre. In questa fase della transizione energetica, gli strumenti di data managament, reportistica Esg e i vari tool di assessment e rating sono cruciali.
È una fase in cui “the time is out”, rammenta Taticchi, perché in realtà si rischia di arrivare tardi: le aziende dovrebbero già aver implementato progetti di sostenibilità.
Ma andiamo con ordine e capiamo i perché di un percorso che, se pur obbligato dal 2024 per almeno 15 mila aziende in Italia – questa la stima – stia già comportando una selezione darwiniana anche per via dei costi dei tool Esg.
Questi possono essere forniti dall’esterno o sviluppati in-house dalle imprese. Servono a misurare le performance delle aziende sulle tematiche Esg, al centro del report di sostenibilità obbligatorio secondo la normativa europea normativa.
L’obbligo non cade come una tegola in testa (sono due anni che se ne parla) e anche per questa ragione c’è un fiorire di tool e percorsi di certificazione di sostenibilità che può essere affiancato ai rating Esg, un’altra prateria di score e opinioni forniti da agenzie di rating operanti sul mercato internazionale.
Le agenzie assegnano un rating sui tre indicatori di sostenibilità sulla base di dati pubblici ad una determinata azienda, anche senza che questa ne faccia specifica richiesta. Questo perché le banche, gli investitori e i soggetti economici che vogliono fare affari con una determinata realtà, richiedono un punteggio per capire quanto sia affidabile, in modo analogo a quanto viene fatto con i rating finanziari.
I dati questi sconosciuti
Partiamo dai rating, da come vengono utilizzate le informazioni Esg relative a un’azienda che vuole misurare le performance dei propri progetti, o capire a che punto è, con un assessment e una valutazione per iniziare a lavorare.
I rating Esg possono essere opachi e scarsamente correlati alle performance, in particolare per le aziende quotate. Non è solo un problema per gli investitori: indicatori di sostenibilità imperfetti condizionano in modo errato le strategie di sostenibilità delle aziende.
Tanto che i grandi investitori non seguono sempre i rating assegnati da Msci, S&P Global e Morningstar’s Sustainalytics, tra le principali agenzie di rating Esg. Ciò perché si tratta di un metodo ‘cherry-picking’ che pesca nel ‘reame dei dati’. Qui sta il vulnus: i dati.
Quali sono realmente attendibili? I provider di Esg rating fanno scraping di dati attraverso una grande varietà di fonti, a loro volta estratte da modelli che calcolano un punteggio composito.
Alcuni, come l’agenzia Msci, rendono pubbliche le proprie metodologie ma l’amalgama di differenti metriche usate può restituire un punteggio arbitrario. Questo fa sì che un’impresa potrebbe avere un rating di sostenibilità che non rappresenta realmente quello che ha fatto.
Cosa dicono i dati di Cerved
Il Cerved rating agency, del gruppo Cerved, è un’agenzia di rating autorizzata dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma) e opera nell’ambito del credit rating e del rating Esg. Hanno valutazioni su oltre 1500 imprese e questo fa dell’agenzia uno dei soggetti vigilati con il più alto volume di rating Esg in Italia.
Fabrizio Negri, amministratore delegato del Cerved rating agency, spiega l’importanza di una metodologia trasparente: “Siamo assimilabili a Moody’s o a qualunque altra agenzia di rating, ognuna applica una propria metodologia proprietaria, che nel nostro caso è pubblica per un impegno alla trasparenza che abbiamo assunto anche in assenza di un preciso obbligo regolatorio. Rispetto ai prodotti di rating ha senso marcare la differenza tra rating solicited, per i quali il soggetto valutato è anche il soggetto committente, e rating unsolicited. Nel primo caso il soggetto valutato assicura la propria collaborazione all’agenzia di rating incrementando il patrimonio informativo a disposizione dei team analitici. Nel secondo, invece, il soggetto valutato non è coinvolto; si tratta di rating richiesti da investitori in imprese quotate”.
Qui emergono due questioni: se un’azienda che fornisce i dati è in grado di misurare in modo oggettivo, per esempio, la propria impronta carbonica per un rating Esg. E se i dati delle performance di un’azienda raccolti da fonti pubbliche – unsolicited – rappresentano la realtà, ovvero la Co2 prodotta. Fino a poco tempo fa, per l’erogazione del credito e quindi anche dei rating per gli investitori, le banche avevano scarso interesse a coinvolgere i propri clienti, le aziende, nel rilascio dei dati.
All’insegna della logica: ‘non disturbiamo il manovratore’. Più recentemente, le banche, consapevoli dell’importanza di avere clienti oggettivamente performanti, sono passate alla logica del ‘recuperiamo i dati’ dall’imprenditore. Un cambiamento che riguarda per lo più le quotate, diverso invece il discorso per tutte le altre realtà.
La selezione darwiniana
In questo segmento si pone la questione validità e investimento degli strumenti Esg. Matteo Giudici, amministratore delegato di Mesa Group, che ha un software licenziatario e certificato dalla no-profit Global Reporting Initiative, spiega: “Il problema è che un’azienda quotata, ma ancor più una Pmi all’interno di una filiera e che è obbligata al rendiconto di sostenibilità, rischia di non farcela: o sfrutta la tecnologia digitale o non ha un moltiplicatore sufficiente per avere beneficio dalla sostenibilità. Per come è stata disegnata la Csrd, il modo di assolvere agli obblighi normativi farà la differenza. Ci sarà una polarizzazione tra chi utilizzerà strumenti adeguati e chi ricorrerà a tool cosiddetti da edicola”. Mesa Group ha sviluppato una piattaforma multi- standard che usa ChatGpt e tecnologia Microsoft.
Come funziona la piattaforma
La piattaforma si snoda su più livelli, ‘Impact’ e ‘Copilot’: “raccoglie i dati di tipo qualitativo e quantitativo e consente di redigere automaticamente i reporting interni documentali e di business intelligence, con il supporto dell’AI generativa. Giudici spiega che “si possono stratificare più piani di rendicontazione: raccolta di informazioni per il bilancio di sostenibilità attraverso i dati dalla catena di fornitura dell’azienda, oppure, l’importazione dei dati per fare l’assessment dell’intera supply chain”.
In sostanza la piattaforma utilizza i dati raccolti dalla stessa azienda, che quindi corrispondono a quanto realmente realizzato. L’azienda di cui Giudici è Ceo, nata nel campus universitario dell’Università di Genova, segue il sistema degli score e dei rating di Ecovadis e Open-es, le principali piattaforme digitali per la valutazione della sostenibilità aziendale, che hanno tra loro una partnership.
La risposta delle aziende
Probabilmente anche per questo motivo, Mesa ha attratto organizzazioni come Brembo, Lavazza, Cassa Depositi e Prestiti, Telecom, Saipem. Il ricorso ai tool ‘da edicola’, per stare alle parole di Giudici, rivela che un rendiconto veritiero è anche una questione di costi.
“I tool di reportistica annuale per una pmi – spiega Taticchi – si aggirano tra i 10 e i 20 mila euro a cui c’è da aggiungere altri 10-20 mila euro per un progetto di strategia, indispensabile per le first-adopter. Di più: un carbon assessment costa tra i 10 e i 15 mila euro. Cifre che, per le piccole aziende rappresentano un po’ una barriera all’accesso, rimarca il docente. C’è già un boom dei tool Esg e della consulenza strategica, una migliore diffusione incrementerà anche il livello di adeguatezza, chiarisce Taticchi. L’importante, per un’azienda, è capire il proprio livello di partenza e qui interviene l’assessment, ovvero la valutazione dello stato dell’arte”.
Misurare per capire
“La misurazione per capire lo stato dell’arte è il primo passaggio. Seguono l’analisi e la strategia; poi si può rendicontare e comunicare”. A dirlo è Salvatore Amitrano, Chief finance officer di Tecno e managing director di Tecno International, società di software licenziatario certificato Gri, specializzata in assessment Esg e percorsi net zero per 3500 tra piccole e medie imprese.
“L’efficacia dei tool Esg dipende anche dallo scopo con cui si utilizzano. C’è grande diffusione di strumenti di raccolta dati per la parte operation, penso alle startup e ai fornitori digitali; quello che invece abbiamo realizzato con Tecno è uno strumento per impostare il lavoro: su quali basi definisco il mio percorso di sostenibilità. È un approccio – spiega il Cfo – che parte dalla strategia per definire lo status, individuare i gap e identificare percorsi per colmarli. Ci rivolgiamo a imprese, istituzioni e anche soggetti che si relazionano per la prima volta con la sostenibilità. Il sistema è aderente alle normative vigenti, standard GRI, ma lo stiamo implementando anche per gli European sustainability reporting standards”.
Cento quesiti
Il tool di assessment di Tecno è digitale, la raccolta dati si basa sulle informazioni richieste all’azienda tramite 100 quesiti, l’elaborazione è fatta in relazione al codice Ateco che compara i dati sul benchmark di settore, la valutazione finale si basa sull’intelligenza artificiale.
“Vengono richieste verifiche documentali – sottolinea Amitrano – per capire come il soggetto valutato ha misurato l’impronta carbonica, come gestisce la supply chain, se ha un piano di diversity & inclusion e c’è un sistema di alert che verifica la coerenza con le risposte precedenti. Ciò che è stato fatto e documentato da un’azienda diventa essenziale”. Come ricorda Taticchi, “una pmi che inizia a lavorare su tematiche Esg deve partire dalla formazione e dallo sviluppo di una strategia: le aziende senza formazione non sanno cosa andare a cercare e dallo sviluppo del business case traggono meno vantaggio. E non è detto – ribadisce il docente – che dopo la formazione le imprese debbano ricorrere ai tool Esg, eccezion fatta per i tool di assessment”.
Formare per capire
Francesca Mara è dirigente Deloitte & Touche S.p.A. e si occupa della formazione Esg: “Formiamo i Chief sustainability officer di aziende sia quotate, sia medie e piccole, con tutta la loro struttura: chi si occupa operativamente di analisi di materialità, definizione dei contenuti e Kpi. Da un paio di anni, vediamo l’interesse anche di consulenti e studi professionali. Il nostro percorso di formazione è rivolto anche ai first-adopter e i corsi che eroghiamo come Gri Certified training partner forniscono elementi per la comprensione di tutto il processo di rendicontazione della sostenibilità”.
La formazione di Deloitte & Touche è certificata dalla Global reporting initiative e, in attesa dell’adozione dei nuovi Standard Esrs (previsti dalla Csrd), l’azienda partirà a breve con un training certificato sulla transizione dallo standard Gri agli Esrs.
“Il Gri professional certification program è finalizzato all’ottenimento della certificazione come sustainability professional, ma – spiega Mara – sono in realtà tre corsi, l’intero pacchetto sblocca l’accesso al Certification Exam che viene sostenuto sulla Gri Academy. Capita che i partecipanti non facciano l’esame, perché è la comprensione del tema a essere importante”.
Accedere alla formazione finanziata
Rispetto all’investimento aziendale, Mara chiarisce: “è un investimento contenuto, le società possono accedere alla formazione finanziata”. Recentemente l’Unione europea ha proposto una normativa sulla trasparenza dei rating Esg.
L’idea è quella di fare in modo che le aziende navighino nella transizione in modo consapevole e facciano investimenti in tool Esg efficaci. In Italia – ricorda Taticchi – la presenza di family business può aiutare, perché sono aziende più legate al territorio, rispondono alla comunità.
“Attenzione però alle disparità economiche tra Nord e Sud – sottolinea il professore – che si riflettono anche sulle tematiche Esg. Più sostenibile sarà il costo degli strumenti Esg, maggiore sarà la possibilità che le aziende siano protagoniste della transizione energetica”.
Se anche la diplomazia si certifica
“Perché non proviamo ad applicare i percorsi Esg rivolti alle aziende anche ad un ufficio pubblico come il nostro?” È la domanda che Domenico Bellantone ha posto ai collaboratori dell’ufficio consolare italiano di Londra prima di partire con un assessment Esg, fornito dall’italiana Tecno International, branch di Tecno Esg con sede nella City. Bellantone è Console generale d’Italia a Londra dall’agosto 2022 e ha deciso di portare, per la prima volta, un percorso di sostenibilità in una sede diplomatica.
“È un progetto pilota, anche se il ministero degli Affari esteri segue già progetti di sostenibilità – spiega Bellantone. Un vero assessment Esg non è ancora stato fatto, così abbiamo deciso di fare una valutazione Esg con Tecno”. La valutazione di Tecno è stata del 63%: “incoraggiante rispetto alla media del 70% che hanno molte aziende – spiega il Console – e abbiamo individuato percorsi per colmare i gap: un progetto plastic free, per fornitori, imballaggi, badge di ingresso; un monitoraggio per gli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti; dipendenti; l’installazione di un impianto di purificazione dell’aria, sia germicida che per il particolato, una pure air zone per i 300 ospiti giornalieri nel consolato”. Prima di iniziare l’assessment, Bellantone ha deciso di coinvolgere tutti i dipendenti.
“Il primo interlocutore è stata la Farnesina – chiarisce – poi tutta la squadra del Consolato: per ogni progetto di sostenibilità c’è bisogno del team. Ma l’aspetto sociale del percorso di sostenibilità riguarda anche l’esterno: abbiamo avviato un pacchetto di cure gratuite per le persone meno abbienti, tramite la Chiesa Italiana di San Pietro, nel quartiere di Clerkwell”.
La decisione del Consolato di Londra ha fatto da apripista: anche la sede consolare italiana in Argentina si è attivata per un assessment Esg. Se tutte le amministrazioni pubbliche avessero interesse e opportunità nel seguire questo percorso, l’impatto sarebbe anche culturale: un cittadino informato sulle iniziative di economia circolare, un dipendente coinvolto nella riduzione totale della plastica nel suo ufficio, possono fare da traino per l’intera comunità.
March 18, 2024 at 12:35PM