Report di sostenibilità, qualche problema con gli LCV – Fleet Magazine
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Le emissioni di gas serra dei veicoli commerciali leggeri sono un aspetto fondamentale per ogni flotta: sono fondamentali per molte aziende, per il trasporto dei dipendenti, di strumenti e merci, o clienti. Per molte aziende, soprattutto quelle dei settori dei servizi e della logistica, è perfettamente sensato prevedere che le emissioni degli LCV rappresentino una quota maggioritaria delle emissioni aziendali totali. Ma in quale Scope rientrano?
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Gli Scope 1, 2 e 3, dove ricadono gli LCV?
In teoria, la rendicontazione delle emissioni di gas serra delle flotte di veicoli commerciali leggeri dovrebbe essere semplice. O almeno così appare dal Protocollo GHG: “Le emissioni derivanti dai trasporti nei veicoli posseduti o controllati dalla società segnalante sono contabilizzate nell’ambito 1 (per l’uso di carburante) o, nel caso dei veicoli elettrici, nell’ambito 2 (per l’uso di elettricità)”.
Tuttavia ci sono dettagli importanti da comprendere. In primo luogo, non è solo il biossido di carbonio a causare il cambiamento climatico: una serie di diversi gas di scarico dei veicoli sono responsabili del riscaldamento globale, tra cui il biossido di azoto e il metano.
Ciò spiega perché la rendicontazione dei gas serra si riferisce spesso a gCO2eq o kgCO2eq, dove “eq” è l’abbreviazione di equivalente. È un modo accettato di esprimere tutti i gas serra come se avessero lo stesso impatto sul cambiamento climatico della CO2.
Emissioni Scope 1
Il calcolo delle emissioni di Scope 1 dovrebbe essere semplice per qualsiasi flotta di veicoli commerciali leggeri alimentati a diesel, purché utilizzi carte carburante. Il calcolo prevede semplicemente di moltiplicare il fattore di emissione di un litro di diesel per il numero totale di litri consumati dalla flotta.
Il fattore di emissione può variare da paese a paese a seconda della percentuale di biocarburante nel mix diesel, quindi i gestori delle flotte dovranno calcolare le proprie emissioni di gas serra a livello nazionale piuttosto che internazionale. Ad esempio, l’Agenzia europea dell’ambiente riporta che la Svezia ha una percentuale relativamente elevata di biocarburanti pari al 24,7%, mentre la Bulgaria ne ha solo il 2,7%.
Se i dati sul carburante non sono disponibili, è possibile utilizzare metodi surrogati, basati sui chilometri percorsi e sulle emissioni medie per km per tipo di veicolo, sebbene ciò sia più complicato e meno accurato.
Emissioni Scope 2
Il calcolo delle emissioni Scope 2 per gli LCV elettrici prevede un processo simile, moltiplicando il fattore di emissione della rete per la generazione di elettricità per il numero di kilowattora utilizzati per caricare i veicoli. Se ad esempio il nostro fornitore di energia acquista solo energia eolica o solare rinnovabile il fattore di emissione dovrebbe essere pari a zero (sebbene ci siano alcune emissioni di gas serra associate sia ai grandi serbatoi per l’energia idroelettrica che all’energia legata alle materie prime della biomassa).
È tutto un po’ più complicato di così…
Tuttavia, sorgono complicazioni se gli autisti utilizzano personalmente i propri veicoli commerciali leggeri (ma nello stesso discorso rientrano le vetture in benefit ad uso promiscuo): i viaggi privati non contano ai fini delle emissioni di gas serra aziendali. Di conseguenza, queste flotte avranno bisogno di un sistema di registrazione e rendicontazione del chilometraggio per eliminare dai totali aziendali le emissioni derivanti dai viaggi personali.
A questo si aggiunge un problema ulteriore: in futuro potrebbero essere incluse nelle proprie emissioni quelle relative allo Scope 3. Immaginiamo, ad esempio, un furgone per le consegne dell’ultimo miglio: le emissioni della “prima consegna” (quelle cioè dalla fabbrica di produzione al centro di smistamento, ad esempio) saranno aggregate a quelle di chi si occupa solo dell’ultimo miglio?
March 19, 2024 at 10:32AM