“Trovare un modello che possa funzionare”, L’AltraMontagna su Italia1 con Sofia Farina per parlare di neve e … – il Dolomiti
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TRENTO. "Per ragionare sul futuro del turismo montano e in generale delle terre alte è impensabile non ragionare sul futuro e sul presente del clima". Queste le parole di Sofia Farina, meteorologa, componente della redazione L’AltraMontagna e presidente di Protect our winters Italia, durante la puntata "Montagna senza neve" di E-Planet, il magazine green di Tgcom24 in onda su Italia1. "Il fatto che le aree montane si stiano surriscaldando implica un cambiamento sulla disponibilità della risorsa neve" (Qui per vedere la puntata).
La trasmissione tratta di temi quali la tutela dell’ambiente, l’attualità e le storie di chi cerca di migliorare il Pianeta, con innovazione e inventiva. Nella puntata si è parlato di stagione invernale e degli effetti della crisi climatica sulle stazione sciistiche. E’ sempre più caldo e cade sempre meno neve, le immagini sono sempre più spesso caratterizzate da lingue bianche che attraversano i boschi.
Non bisogna poi confondere meteo e clima (Qui approfondimento), le nevicate delle ultime settimane non invertono un trend sempre più evidente. E anzi c’è un cambio di stagionalità che, spiega anche la trasmissione, è ormai difficile da ignorare. "La pioggia e la neve dipendono dalle temperature e dall’altezza dello zero termico".
Il manto nevoso è diminuito nell’ultimo secolo, come riportato anche recentemente in diversi studi, l’ultimo dei quali pubblicato da "Nature climate change". "Questo significa che si punta sempre di più – continua Farina – sull’innevamento artificiale con conseguenze sulla fruizione della montagna ma anche sull’industria dello sci. Questo si traduce anche in maggiori costi e necessità tra energia, acqua e infrastruttura. Si deve capire cosa ci aspetta nei prossimi anni".
Il rapporto NeveDiversa 2024 di Legambiente evidenzia un netto aumento dei parametri monitorati: 177 gli impianti temporaneamente chiusi nella Penisola (+39 unità rispetto all’anno scorso), di cui 85 in Appennino, 93 gli impianti aperti a singhiozzo (+9 rispetto al report precedente), di cui, anche in questo caso, ben 55 sugli Appennini. In crescita anche il numero delle strutture dismesse che raggiungono quota 260, rispetto alle 249 nel 2023, di cui 176 sulle Alpi, così come quello degli impianti sottoposti a quello che da qualche anno l’associazione definisce “accanimento terapeutico”, tenuti in vita solo dalle forti iniezioni di fondi pubblici, censiti in 241 di cui la metà sugli Appennini (Qui articolo).
"Ci sono resort sciistici che vengono tenuti in vita con l’iniezione di denaro pubblico". Una situazione che mette in discussione la vita e l’economia dei territorio di montagna, che potrebbe cambiare radicalmente il futuro di sport e competizioni invernali e che invita a evolvere il nostro approccio. "Ci sono sempre più destinazioni che hanno il coraggio di cambiare l’offerta turistica ma questo cambiamento non è facilitato attraverso i fondi pubblici. A oggi il Ministero del turismo ha stanziato nel 2023 148 milioni di euro destinati alle società proprietarie degli impianti di risalita per ammodernamento, sicurezza e dismissioni contro i 4 milioni di euro messi a disposizione per la promozione dell’ecoturismo” (Qui articolo).
Una sproporzione tra i due settori. E la sfida non è la contrapposizione quanto "avviare una discussione per trovare un modello che possa funzionare. Tutti gli operatori, anche quelli dello sci alpino, sono parte di questo processo perché serve uno sforzo collettivo: il cambiamento climatico avverrà comunque", conclude Farina.
March 31, 2024 at 08:16PM