Acidificazione degli oceani e cambiamento climatico, i consigli di Worldrise | Dove Viaggi – DOVE Viaggi

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Il mese di marzo 2024 è stato il più caldo di qualsiasi marzo degli ultimi due secoli, da quando cioè si sono iniziati a raccogliere i dati meteorologici. Secondo i dati di Copernicus Climate Change Service (C3S), ha infatti registrato temperature di 1,68°C più calde rispetto alla media dello stesso mese nel periodo 1850-1900.

Il riscaldamento globale è un segnale d’allarme che ormai da tempo lancia il nostro Pianeta e da cui scaturiscono effetti disastrosi, come inondazioni, lo scioglimento dei ghiacciai e l’acidificazione degli oceani. Quest’ultima è forse la conseguenza meno tangibile ma ha forti ricadute sulla conservazione dell’ecosistema marino. Worldrise, la onlus impegnata da oltre un decennio nella tutela dei mari, spiega di cosa si tratta e cosa si può ancora fare.

Cos’è l’acidificazione oceanica

Una delle principali conseguenze indirette dei cambiamenti climatici riguarda l’alterazione chimica del mare, conosciuta come acidificazione oceanica. La causa di questo fenomeno risiede nell’aumento di temperatura del nostro Pianeta, cresciuta di circa un grado dal secondo dopoguerra ad oggi. Un processo coinciso con l’inizio dell’era industriale e l’utilizzo massivo di combustibili fossili, con conseguente aumento delle emissioni di gas, che ad oggi provocano il fenomeno conosciuto come effetto serra. L’anidride carbonica, o CO2, è infatti uno dei principali gas, famosa per i suoi elevati livelli in atmosfera, ed è coinvolta in questo fenomeno, meno conosciuto, riguardante i nostri mari.

Il ruolo degli oceani nel riscaldamento climatico

Gli oceani fungono da “sistema tampone”, ovvero assorbono i gas presenti in atmosfera e si comportano come una soluzione misurata dal pH (unità di misura riferita all’acidità di un gas o di un liquido) in grado di assorbire una certa quantità di una sostanza fino a saturarsi. A contatto con l’acqua, l’anidride carbonica reagisce chimicamente, portando alla formazione di acido carbonico abbassando il pH dell’acqua e rendendola più acida.

Quali sono le conseguenze per gli ecosistemi marini? Molti organismi acquatici utilizzano degli ioni carbonato per costruire il proprio guscio, o altri elementi rigidi, tramite il processo biologico di calcificazione: se l’acqua risulta troppo acida, gusci e strutture similari, come gli scheletri dei coralli, si dissolvono o non si formano affatto. Ciò si ripercuote su organismi calcificanti come alghe coralline, coralli e molluschi.

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PH. Worldrise

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Come combattere l’acidificazione del mare

Ad oggi, la principale soluzione attuabile per fermare l’acidificazione degli oceani è quella di diminuire drasticamente le emissioni di CO2. Un’ulteriore soluzione è promuovere l’istituzione di Aree Marine Protette che consentono la ripresa ecologica degli habitat marini e la resilienza delle specie che vi abitano e riducono i fattori di stress e quindi aumentano la capacità di adattamento degli organismi marini. Per questo Worldrise, associazione che da più di dieci anni si impegna per la tutela e conservazione degli oceani, ha istituito l’alleanza 30×30 Italia, un network di associazioni, cittadini e istituzioni, il cui obiettivo è quello di proteggere almeno il 30% dei mari italiani entro il 2030 in maniera efficace.

Info: Worldrise.org

April 19, 2024 at 05:43PM

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