Gli allevamenti hanno un impatto sul cambiamento climatico, ma la Fao fa l’indiana – Start Magazine
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Due scienziati hanno accusato la Fao di aver distorto le prove dell’impatto degli allevamenti sul cambiamento climatico, usando un loro studio. Ma non è tutto qui. L’agenzia rischia infatti di essere coinvolta in un conflitto d’interessi. Fatti, numeri e commenti
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) mente sull’impatto degli allevamenti sul cambiamento climatico? Per due scienziati che hanno fornito prove sugli effetti negativi di questa industria sì. E accusano l’agenzia di aver “gravemente distorto” un loro studio presentato alla Cop28.
Inoltre, c’è chi ritiene che la Fao, essendo uno dei più autorevoli enti per i dati sull’agricoltura e al tempo stesso l’istituzione che ha il compito di aumentare la produttività per sostenere la nutrizione e la sicurezza alimentare, sia in conflitto di interessi.
LA DENUNCIA DEGLI SCIENZIATI
Secondo una lettera inviata alla Fao da Paul Behrens (Leiden University) e Matthew Hayek (New York University), gli accademici citati in uno dei rapporti di punta delle Nazioni Unite sulle emissioni del bestiame, il documento ha “gravemente distorto” il loro lavoro.
L’agenzia avrebbe infatti utilizzato in modo improprio le loro ricerche al fine di sottostimare il potenziale della riduzione dell’assunzione di carne per ridurre le emissioni agricole. I due studiosi hanno chiesto “una ritrattazione urgente sulla base di numerosi errori di inquadramento, metodologici e di dati”.
Hayek intervistato dal Guardian ha detto: “Gli errori della Fao sono stati molteplici, gravi, concettuali e tutti hanno avuto la conseguenza di ridurre le possibilità di mitigazione delle emissioni derivanti dal cambiamento della dieta molto al di sotto di quanto dovrebbero essere. Nessuno degli errori ha avuto l’effetto opposto”.
GLI “ERRORI” DELLA FAO
“Gli errori, che derivano in parte da un uso improprio delle precedenti analisi di Behrens e Hayek, fanno sì che la Fao stimi una riduzione delle emissioni da 6 a 40 volte inferiore al consenso scientifico”, spiegano gli autori. Mentre, proseguono, “numerosi studi di modellazione che utilizzano approcci diversi indicano che il cambiamento della dieta rappresenta la maggiore opportunità per ridurre molte pressioni ambientali derivanti dal sistema alimentare”.
In particolare, in occasione del vertice sul clima Cop28 di dicembre, la Fao ha pubblicato il terzo di una serie di studi sulla questione delle emissioni del bestiame e, osserva il Guardian, “oltre a ridurre per la terza volta consecutiva le sue stime, ha utilizzato un documento scritto da Behrens e altri nel 2017 per sostenere che l’abbandono del consumo di carne potrebbe ridurre le emissioni agroalimentari globali solo tra il 2 e il 5%”.
I dati risalenti a 7 anni fa, tra l’altro, sono ormai da considerarsi obsoleti, così come le diete raccomandate a livello nazionale.
Hayek, inoltre, ha detto che la Fao “ha citato in modo inappropriato un rapporto di cui è coautore, che misurava tutte le emissioni agroalimentari, e lo ha applicato alle sole emissioni del bestiame”. “Non è stato solo un confronto tra mele e arance – ha spiegato -. È stato come confrontare mele molto piccole con arance molto grandi”.
COSA DICONO GLI AUTORI
Secondo infatti uno studio più recente realizzato da Behrens e Hayek, il 78% degli oltre 200 scienziati del clima da loro intervistati ha dichiarato che “se si vuole che il mondo abbia una possibilità di evitare un pericoloso riscaldamento globale, il numero assoluto di capi di bestiame deve raggiungere il picco a livello mondiale entro il 2025”.
COSA DICONO I DATI
Come invece ricorda il Guardian, citando vari studi, “l’agricoltura è responsabile del 23% delle emissioni globali di gas serra, la maggior parte delle quali è attribuibile al bestiame sotto forma di metano proveniente da feci e letame e alla deforestazione per i pascoli e le colture alimentari”.

Un altro studio finanziato dalla Commission europea, che descrive il significativo impatto ambientale del settore zootecnico sia in termini positivi che negativi, “nel 2017, il settore agricolo dell’Ue ha prodotto il 10% delle emissioni totali di gas serra della regione, una percentuale inferiore a quella dell’industria (38%) e dei trasporti (21%)”.
Tuttavia, “se si includono le emissioni legate alla produzione, al trasporto e alla lavorazione dei mangimi, il settore zootecnico è responsabile dell’81-86% delle emissioni totali di gas serra dell’agricoltura. Inoltre, l’allevamento contribuisce alla presenza di azoto in eccesso negli ambienti acquatici europei ed è anche il principale emettitore di ammoniaca, con conseguenti danni ambientali, come l’eutrofizzazione”.
Lo studio aggiunge anche però che “il bestiame svolge un ruolo chiave nell’uso del suolo, che può essere positivo o negativo”. I ruminanti, per esempio, possono avere un impatto positivo sulla biodiversità e sul carbonio del suolo grazie al mantenimento di prati e siepi permanenti e all’uso ottimizzato del letame.
Questi effetti positivi, dunque, “dipendono fortemente dal tipo di allevamento e dalle condizioni locali in cui si trova”, ma “non è possibile considerare il bestiame nel suo complesso”.
IL CONFLITTO D’INTERESSI DELLA FAO
Se da una parte la Fao è la principale fonte mondiale di dati sull’agricoltura e i suoi rapporti sono utilizzati da organismi autorevoli, riflette il Guardian, dall’altra è anche l’agenzia che ha il compito di aumentare la produttività del bestiame per sostenere la nutrizione e la sicurezza alimentare, “il che probabilmente crea un conflitto di interessi”.
Il quotidiano britannico cita infatti ex funzionari che hanno accusato la Fao di aver censurato e sabotato il loro lavoro quando contestava le posizioni dell’industria zootecnica e “una recente tabella di marcia dell’agenzia per rendere sostenibile il settore ha anche omesso l’opzione di ridurre l’assunzione di carne da un elenco di 120 interventi politici”.
“Il documento – ricorda il Guardian – ha ricevuto le lodi dei lobbisti dell’industria della carne, uno dei quali lo ha definito ‘musica per le nostre orecchie’ quando è stato presentato alla Cop28″.
April 23, 2024 at 04:30PM