“Il cambiamento climatico è cattiva gestione globale, l’inquinamento è cattiva gestione locale”: lo sciopero della fame di … – il Dolomiti
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“Lo sciopero della fame è una protesta per sottolineare l’importanza di onorare gli impegni presi con le comunità tribali del Ladakh”. Dopo lo sciopero della fame di marzo per chiedere autonomia decisionale per il Ladakh, l’attivista per il clima Sonam Wangchuk si è rivolta al Primo Ministro Narendra Modi e al Ministro dell’Interno dell’Unione Amit Shah esortandoli a onorare le promesse fatte al Ladakh. Wangchuk è un ambientalista, scienziato presso l’Himalayan Institute of Alternative Ladakh e innovatore, che negli ultimi trent’anni si è occupato di questioni ecologiche in Ladakh, e ha ricevuto numerosi riconoscimenti per il suo lavoro, sia in India e all’estero.
Wangchuk continua a chiedere con insistenza garanzie costituzionali per il Territorio dell’Unione del Ladakh, oltre alla protezione del suo ecosistema ecologicamente fragile dagli interessi industriali e minerari. In un’intervista a The Week, Wangchuk ha parlato del motivo per cui ha deciso di intraprendere lo sciopero della fame e della necessità di salvaguardare la regione dal punto di vista costituzionale.
Alla base delle proteste portate avanti dall’attivista c’è il fatto che il Ladakh, situato nella regione himalayana, è fortemente impattato dagli effetti del riscaldamento globale. Infatti, come ha divulgato lo stesso attivista per lungo tempo, lo scioglimento dei ghiacciai, unito al cambiamento dei sistemi meteorologici locali, ha portato a un aumento di inondazioni improvvise, frane e siccità, con un impatto significativo sulla vita dei residenti nei villaggi scarsamente popolati. In questo contesto, sottolinea Wangchuk “cresce la preoccupazione di salvaguardare le montagne del Ladakh da uno sfruttamento indiscriminato, in particolare dalle attività minerarie, che hanno già creato scompiglio in altre regioni himalayane”.
Lo strumento politico per tutelare queste terre risiede, secondo l’attivista e i suoi seguaci, nell’inclusione del Ladakh nel Sesto programma della Costituzione. Questo, secondo Wangchuk è “fondamentale per proteggere le comunità tribali autoctone, che costituiscono circa il 97% della popolazione”. Infatti, questa disposizione garantisce l’autonomia alle regioni tribali, consentendo loro di tracciare il proprio percorso di sviluppo senza interferenze esterne. Come spiega l’attivista climatico durante l’intervista: “Il Sesto programma istituisce Consigli distrettuali autonomi con poteri legislativi e giudiziari, consentendo loro di regolamentare vari aspetti come la terra, le foreste, l’acqua, l’agricoltura, la salute, i servizi igienici e l’estrazione mineraria”. La sua adozione “non rappresenta è un ostacolo allo sviluppo; anzi, garantisce che le decisioni in materia di sviluppo prevedano la consultazione delle comunità indigene. Queste ultime, grazie a consigli con poteri, possono discernere meglio quali sviluppi sono adatti alla loro regione”.
Le motivazioni dietro a queste richieste sono da ricercarsi proprio nell’industrializzazione e nell’attività mineraria che sta prendendo sempre più piede nella regione del Ladakh. Wangchuck ha dichiarato: “Come ambientalista, sono molto preoccupato per il fragile ecosistema dell’alta Himalaya, che comprende il sistema di ghiacciai del Ladakh, noto come il "terzo polo" del pianeta”. I ghiacciai della regione, infatti “sostengono circa 2 miliardi di persone, un quarto della popolazione mondiale” spiega l’attivista “e l’introduzione di industrie minerarie in queste aree non solo danneggerebbe le comunità locali e ma causerebbe anche una carenza d’acqua che andrebbe a impattare l’intera pianura dell’India settentrionale”.
A conferma delle parole dell’attivista climatico, citiamo il professor Shakil Romshoo, un importante glaciologo e scienziato della terra: "Quest’anno abbiamo avuto uno scioglimento dei ghiacciai senza precedenti". Romshoo e il suo team studiano sette ghiacciai dell’Himalaya da nove anni, che "quest’anno mostrano la massima ablazione". Infatti il Drung-Drung, il secondo ghiacciaio più grande del Ladakh, quest’anno è arretrato di 5 metri rispetto a una media di 1 metro all’anno negli anni precedenti.
Secondo gli esperti, la fusione è stata aggravata da un aumento dell’inquinamento locale, peggiorato dalla militarizzazione della regione: il black carbon, come viene chiamato in gergo, ovvero la fuliggine, proveniente dai processi di combustione di combustibili si deposita sui ghiacciai e ne aumenta l’assorbimento di radiazione solare e contamina i corsi d’acqua, minacciando la sicurezza alimentare, idrica ed energetica della regione.
L’inquinamento è "un enorme attacco ambientale", ha detto l’ingegnere Wangchuk, commentando che: "Il cambiamento climatico è una cattiva gestione globale, mentre l’inquinamento è una cattiva gestione locale. In Ladakh stiamo assistendo agli effetti devastanti di questa miscela".
April 23, 2024 at 06:13AM