L’export trascina l’agroalimentare parmense – Food

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L’export trascina l’agroalimentare parmense

L’export trascina l’agroalimentare parmense, con una crescita del +61% rispetto al periodo pre-Covid (da 1,7 miliardi del 2019 agli attuali 2,7), all’interno di un settore che secondo i dati Istat più aggiornati registra un fatturato annuo superiore agli 8,2 miliardi di euro, ovvero il 36% dell’intera produzione industriale della città.

Sono i numeri emersi durante il convegno “L’agroalimentare parmense: risultati economici e iniziative delle diverse filiere per la valorizzazione del territorio”, organizzato oggi a Cibus dalla Fondazione Parma UNESCO Creative City of Gastronomy. Parma ha ricevuto il riconoscimento nel 2015, portando così nel 2017 alla nascita dell’ente che ha l’obiettivo di promuovere il patrimonio enogastronomico attraverso il brand Parma Food Valley.

All’interno della Fondazione sono racchiuse sei filiere di eccellenze presenti sul territorio: Prosciutto di Parma, Parmigiano Reggiano, latte (Parmalat), pasta (Barilla), pomodoro (Mutti e Rodolfi Mansueto) e alici (Delicius, Rizzoli Emanuelli e Zarotti).

I PRINCIPALI MERCATI DELL’AGROALIMENTARE PARMENSE

In base ai dati presentati nel corso del convegno, la Francia rimane il primo paese di destinazione per l’export agroalimentare parmense con un valore superiore al mezzo miliardo di euro, registrando un + 57% rispetto al 2019, seguita da Germania e Stati Uniti. Mentre prosegue la crescita in Canada (ottavo posto rispetto al 15esimo del 2019), è inevitabile registrare il calo della Russia (19esima); la Cina invece è uscita dalla top-20.

Per quanto riguarda le singole filiere, pasta panetteria e dolci registra 1,2 miliardi di valore, con le conserve animali al secondo posto (528 milioni); bene anche le conserve vegetali, dove il 62% del fatturato arriva proprio dall’export, mentre la filiera casearia, latte e gelati raggiunge addirittura il 76% del turnover attraverso le esportazioni.

IMPATTO TURISTICO E OCCUPAZIONALE

La Parma Food Valley garantisce un ritorno importante anche dal punto di vista occupazionale. Le aziende alimentari nel parmense sono 1.052 e sfiorano i 15.000 addetti. Se si considerano anche quelle dell’impiantistica alimentare, si arriva a 1.519 per un totale di circa 25.000 lavoratori.

Il convegno ha analizzato anche l’impatto delle filiere sul turismo territoriale, attraverso quattro case history. La prima riguarda Caseifici Aperti, iniziativa promossa dal Consorzio del Parmigiano Reggiano il cui Presidente Nicola Bertinelli ha ribadito i numeri dell’edizione 2023 che su due week-end ha registrato 24.500 partecipanti (+19,5% sul 2022). Finestre Aperte ne ha portati altri 4.500 in concomitanza con il Festival del Prosciutto di Parma a settembre, dove Matteo Cavalli (ufficio stampa e relazioni esterne Consorzio del Prosciutto di Parma) ha illustrato le modalità di un’iniziativa che quest’anno arriverà alla 25esima edizione. Imprese Aperte, organizzata da Unione parmense degli industriali e Parma, io ci sto! ha coinvolto 3.500 visitatori con oltre 300 appuntamenti in 43 aziende del territorio, rappresentate per l’occasione Maurizio Bassani, General manager di Parmalat. Infine, spazio ad ALMA con il presidente Alberto Figna, a illustrare i numeri di una scuola che dal 2004 forma ogni anno 1.000 allievi di cui il 20% internazionali, provenienti da 85 diversi paesi nel mondo.

Massimo Spigaroli, Presidente Fondazione Parma UNESCO Creative City of Gastronomy, sottolinea: “Parma Food Valley è una realtà che ha saputo fare squadra: solo così è possibile favorire la crescita del territorio, sia dal punto di vista occupazionale sia per quanto riguarda l’attrattività turistica. L’obiettivo è proseguire in questo percorso, passando prima di tutto dalla valorizzazione delle nostre filiere, che garantiscono prodotti unici in tutto il mondo”.

Cesare Azzali, Amministratore unico di Parma Alimentare e Direttore dell’Unione parmense degli industriali, afferma: “I risultati delle nostre industrie hanno permesso a Parma nel 2023 di ottenere il terzo posto tra le province italiane per fatturato derivante dall’export alimentare. Una crescita resa possibile dai continui investimenti delle aziende: principalmente su formazione, linee di produzione e tecnologie. E per il 2024 il 71% delle imprese agroalimentari ha già destinato importanti fondi per migliorare la sostenibilità energetica, così da ridurre l’impatto ambientale sul territorio”.

© Riproduzione riservata

May 8, 2024 at 07:54PM

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