Assicuratori, ritardo Esg su polizze e gestione – ET.Group powered by ETicaNews – ETicaNews
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La ricerca sugli investimenti responsabili degli assicuratori evidenzia un mercato con evidenti margini di miglioramento. L’analisi ha analizzato aspetti climatici, sociali e di governance di 65 compagnie, nessuna delle quali ha ottenuto un voto pieno. Giudizio "B" solo per 7 società
Il settore assicurativo ha ancora tanta strada da fare in merito all’approccio responsabile, sia per gli investimenti sia per l’attività assicurativa (underwriting). Le compagnie assicurative in generale sono caratterizzate da politiche ambientali e sociali molto deboli. Per quanto riguarda il fattore “E”, le ambizioni climatiche a lungo termine si scontrano con la carenza di obiettivi intermedi adeguati per il 2030 o piani di transizione solidi. Passando al fattore “S”, la maggior parte degli assicuratori non prende in considerazione i diritti umani, i diritti dei lavoratori e le questioni di salute pubblica. Infine, per il fattore “G”, gli assicuratori spesso non dispongono di strutture di governance necessarie per affrontare questi problemi.
Questi risultati emergono dal report “Insuring Disaster 2024” di ShareAction sul settore assicurativo, che ha valutato le politiche e le pratiche su una serie di questioni ambientali e sociali di 65 tra le maggiori compagnie assicurative di Europa, Nord America e Asia.
Si tratta di un’assessment sull’identita Esg applicata in questo caso al mondo assicurativo.
L’analisi ha preso in considerazione tre diversi tipi di assicuratori:
- 23 tra i maggiori assicuratori vita e salute (life and health, L&H) mondiali
- L’approccio di underwriting di 13 tra i maggiori managing agent (MA) dei Lloyd’s di Londra
- Investimenti e underwriting tra i 29 maggiori assicuratori mondiali con un’attività rilevante nel ramo danni e infortuni (property and casualty, P&C)
Oggetto di indagine, 30 aspetti chiave Esg inerenti l’approccio al cambiamento climatico, i target Net-Zero, Biodiversità, questioni sociali e la Governance.
A ogni compagnia è stato assegnato un voto (dalla A alla F) come misura della propria performance.
C’È ANCORA TANTA STRADA DA FARE
La metà delle 65 compagnie assicurative è stata classificata con un voto E o F evidenziando una performance estremamente debole in tutti gli ambiti analizzati, sia negli investimenti sia nell’underwriting. Il voto più alto raggiunto è stato B, ottenuto solo da sette assicuratori.
Gli autori del report sottolineano che tutte le domande poste sono raggiungibili. Il questionario è stato infatti elaborato sulla base dello stato attuale del settore e ha incluso il contributo di esperti esterni, pertanto «gli assicuratori possono fare molto meglio».
Come si vede dal grafico, la performance mediana degli assicuratori varia a seconda dei temi analizzati, ma è sempre bassa.
A livello regionale, sebbene ancora deboli, gli assicuratori europei ottengono risultati nettamente migliori rispetto alle loro controparti asiatiche e, in modo ancora più marcato, rispetto a quelle nordamericane.
LA GESTIONE IN DELEGA
Quarantaquattro dei 52 assicuratori del ramo danni e del ramo vita che hanno partecipato all’indagine si avvalgono di asset manager esterni per gestire almeno il 5% dei loro investimenti. Da report emerge che quasi la metà degli assicuratori non stabilisce policy formali in merito a investimenti responsabili quando delegano a gestori esterni, e ancora meno adottano un approccio attivo per responsabilizzare i propri gestori.
Solo il 57% ha dichiarato di aver integrato l’investimento responsabile (Ri) come criterio nel processo di gara per la nomina dei gestori esterni, e ancora meno ha adottato misure successive per responsabilizzare i gestori.
Rappresentano solo il 18% del campione gli assicuratori che hanno dichiarato di aver fissato un set di kpi relativi al Ri per i gestori esterni, mentre solo il 9% ha utilizzato un tool di terze parti per analizzare la performance del Ri e solo l’11% ha dichiarato di aver ridotto e/o rimosso i mandati dei gestori che non erano in linea con gli obiettivi dell’assicuratore.
«Sebbene l’investimento responsabile possa essere preso in considerazione nel processo di selezione dei gestori patrimoniali per alcuni assicuratori – suggeriscono gli autori -, molti di essi non stanno attivamente responsabilizzando i propri gestori per le loro prestazioni in materia di RI o non stanno utilizzando in modo sufficiente la loro leva finanziaria quando i gestori non ottengono risultati soddisfacenti».
FATTORE “E”
«Il livello di ambizione e di azione degli assicuratori è insufficiente per affrontare l’urgenza della crisi climatica e ambientale. Sebbene un numero maggiore di assicuratori stia fissando obiettivi a lungo termine di azzeramento delle emissioni, questi non sono sostenuti da azioni sufficienti o piani dettagliati per raggiungerli».
Dall’indagine emerge che, per l’underwriting, meno della metà (il 45%) degli assicuratori (P&C, Lloyd’s MA) ha fissato obiettivi net-zero a lungo termine, e solo un quarto (il 26%) è allineato a 1,5 C. Lato investimenti, gli obiettivi sono invece molto più diffusi: due terzi degli assicuratori (P&C, L&H) hanno fissato obiettivi a lungo termine di zero emissioni nette entro il 2050 o prima, la maggior parte dei quali è allineata a 1,5 C.
Questi numeri segnano però un progresso rispetto alla precedente indagine di ShareAction sulle assicurazioni: nel 2021, infatti, solo il 14% dei 70 assicuratori intervistati aveva fissato obiettivi climatici per gli investimenti e solo due affermavano di aver fissato obiettivi a zero emissioni per le loro attività di underwriting.
«Gli obiettivi a lungo termine per l’azzeramento delle emissioni sono solo il primo passo. – si legge nel report -. È fondamentale che questi obiettivi siano sostenuti da solidi piani di transizione e da obiettivi intermedi che definiscano il percorso per arrivare a zero netto».
Tuttavia meno di un quarto degli assicuratori ha obiettivi intermedi adeguati per il 2030 o piani di transizione necessari per sostenerli, il che «mina la credibilità degli impegni a lungo termine».
Lato engagement, la strategia di riduzione delle emissioni e di decarbonizzazione è stato l’argomento più comune su cui gli assicuratori si sono confrontati con le società partecipate. Tuttavia sono pochi gli assicuratori che hanno definito policy o hanno fatto disclosure delle attività di engagement con i clienti su questioni di sostenibilità.
FATTORE “S”
Il settore assicurativo sta trascurando le questioni sociali. Nessuno degli aspetti chiave identificati legati al fattore S è stato raggiunto dalla maggioranza degli assicuratori.
La maggior parte degli assicuratori infatti non prende in considerazione i diritti umani e del lavoro quando prende decisioni di underwriting e di investimento che riguardano individui e comunità in tutto il mondo.
Le armi controverse sono l’unico argomento sociale per il quale la maggioranza degli assicuratori impone una restrizione agli investimenti. Il quadro generale è ulteriormente peggiore se si prende in considerazione l’underwriting: più della metà degli assicuratori interessati (P&C, MAs) non ha segnalato alcuna restrizione legata a questioni sociali.
Lato engagement, solo poco più della metà degli assicuratori ha dichiarato di essersi impegnata (o di essersi impegnata con i propri gestori patrimoniali) con le società partecipate su almeno un tema sociale.
FATTORE “G”
I risultati della survey evidenziano che «gli assicuratori non fanno buon uso dei processi di governance e delle pratiche di engagement per promuovere investimenti e sottoscrizioni responsabili».
In tutto ciò emerge anche una mancanza di competenze adeguate in materia di clima e biodiversità in capo ai vertici (solo il 45% degli assicuratori intervistati ha potuto dimostrare di avere almeno un membro del Cda con competenze specifiche in materia di clima e/o biodiversità), che appare incompatibile con un’adeguata supervisione dei rischi per il patrimonio degli assicuratori.
Infine, per quanto riguarda la remunerazione variabile, solo una minima è legata agli obiettivi climatici. «Ciò significa che gli obiettivi climatici rischiano di essere trascurati nella pratica e che il personale senior è incentivato principalmente a soddisfare altri Kpi, come la crescita dei ricavi o del prezzo delle azioni».
Noemi Primini
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May 14, 2024 at 11:21AM