ESG: entriamo nella fase di maturità! – Itinerari Previdenziali

ESG: entriamo nella fase di maturità! – Itinerari Previdenziali

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Un investimento sostenibile che tenga conto dei principi ESG non è diverso da un investimento speculativo che non ne tiene conto nel momento del giudizio della performance ottenuta. Nel commentare e valutare le due strade dobbiamo essere realisti: entrambi sono investimenti, entrambi allocano delle risorse attraverso determinati strumenti, più o meno sofisticati, investono in determinate emittenti/società/Paesi/settori e, per entrambi,  dopo un determinato periodo di tempo – si raccolgono e analizzano i risultati. 

Negli ultimi 5-7 anni gli investimenti ESG hanno vissuto un percorso altalenante con apprezzamenti opposti e cambi di giudizio repentini. Dando per assodata la tendenza e l’obiettivo di giungere nei prossimi anni a scopi comuni che siano finalizzati alla net zero emission (E), a un maggiore rispetto e al progresso dei valori aziendali (S) e a una migliore governance di aziende e organizzazioni (G), la fama degli investimenti ESG si è in effetti rivelata nel tempo particolarmente variabile: a un primo boom esponenziale proprio del period pre-COVID ha fatto seguito un quasi “disinnamoramento” fino a giungere poi all’attuale fase che si potrebbe definire della maturità e dell’applicazione ragionata dei criteri ESG. 

I tempi in cui quasi tutti i fondi nuovi nati in capo alle fabbriche prodotto avevano il “bollino” di Articolo 9, e dove tutti – investitori e gestori – erano divenuti massimi esperti di un tema così vasto come quello degli investimenti sostenibili sono un ricordo lontano.  Il “disinnamoramento” successivo è il frutto di rendimenti finanziari non sempre – apparentemente – in linea con le aspettative, così come di politiche quantomeno discutibili con le quali non si sono agevolati (anzi si sono penalizzati) gli investimenti green in nome di un aiuto all’industria trainante di un determinato Paese. Un primo approfondimento sul tema dei rendimenti: come premesso nell’introduzione, anche gli investimenti ESG, come gli investimenti tradizionali, sono soggetti alle dinamiche del mercato con valutazioni sulle performance che andrebbero quindi effettuate dopo un periodo di tempo che non può essere limitato agli ultimi 12-18 mesi. Ad esempio, un’altra narrativa sui rendimenti degli investimenti ESG, che trova svariate conferme negli indici di Borsa,  ci racconta di come spesso gli indici ESG sottopesino le esposizioni, ai titoli tecnologici che nell’ultimo periodo hanno overperformato a favore di settori come quello energetico che, invece, hanno sofferto aumentando il delta dei rendimenti attesi. 

Al momento ci troviamo nella fase della maturità anche se ancora non sappiamo quando atterreremo definitivamente nel momento storico della piena maturità: abbiamo imparato a distinguere la serietà e la professionalità degli investitori così come dei gestori da operazioni di marketing aggressivo e possiamo lavorare per un futuro finanziariamente sostenibile. Il greenwashing, la pratica di comunicare con marketing aggressivo senza correlare la comunicazione con dati o impatti reali sugli aspetti ESG, è in significativo calo dopo diversi scandali. Il raggiugimento della maturità è poi testimoniato anche dal fatto che diversi enti, aziende e organizzazioni preferiscono oggi praticare la strategia del greenbleaching, fenomeno per il quale si seguono i criteri ESG ma non si dichiarano o comunicano per evitare esposizione a eventuali sanzioni. Per favorire lo sviluppo ed entrare nella fase della piena maturità ci sono ancora limiti e barriere che potrebbero essere ammorbiditi o aggirati.

 

Le principali barriere di implementazione

L’ultima analisi del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali ha indagato – secondo il parere degli investitori istituzionali italiani – quali siano i maggiori ostacoli all’implementazione di politiche di investimento sostenibile. 

Figura 1 – Quali sono le principali barriere all’implementazione di politiche di investimento sostenibile? 

Figura 1 - Quali sono le principali barriere all'implementazione di politiche di investimento sostenibile?

Fonte: Quaderno di Approfondimento 2024 – “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”​

Per ben 62% degli investitori un tema fondamentale che non agevola il progresso di politiche di investimento sostenibili è la difficile misurabilità degli impatti così come delle performance; al secondo posto la mancanza di una definizione univoca e/o comparabile di sostenibilità con il 53%, subito seguita però dalla poca chiarezza normativa con il 48,1% di "preferenze". Il 13,4% ammette lacune relative alle competenze all’interno dell’ente, mentre solo per il 10% il ricorso a investimento sostenibili potrebbe pregiudicare i rendimenti. E proprio questo ultimo dato rappresenta in realtà un’ottima notizia, anche a conforto dei dati espressi dalle ricerche di Morningstar dalle quali emerge, come vedremo, che al netto di annate complesse per tutta la finanza, gli strumenti di investimento sostenibili non portano a peggiorare i rendimenti ma, anzi, risultano spesso sinonimo di rendimenti più elevati o quantomeno in linea con gli strumenti più tradizionali. 

Ma come sono i rendimenti dei cosiddetti investimenti sostenibili rispetto agli investimenti che non tengono conto dei fattori ESG?

Due analisi di Morningstar (consultabili qui e qui) mettono a confronto proprio i fondi di investimento tradizionali con quelli ESG sotto due diverse lenti di osservazione, la raccolta e la performance. Il 2022 è stato per l’intero settore finanziario un anno molto complesso e per moltissimi chiuso in territorio negativo, tanto che gli stessi fondi ESG hanno performato male o comunque peggio delle attese. Escludendo il 2022 e considerando un arco di tempo a partire dal 2016-17 i fondi ESG si rilevano più performanti o in linea con i fondi tradizionali in particolare tra gli azionari globali e gli obbligazionari governativi, e addirittura (ma questo era prevedibile per via della loro “giovane” vita) migliori a livello di flussi. Ambito nel quale domina l’Europa che rappresenta il continente principale per i fondi ESG; meno bene i flussi negli Stati Uniti dove rendimenti non sempre positivi e la forte “politicizzazione” degli investimenti sostenibili hanno contribuito a raffreddare la domanda. L’apparente trade-off tra performance e sostenibilità è ben esemplificato dal recente caso del New Hampshire, dove è stata avanzata una proposta di legge che vieterebbe ai fondi pensione di investire secondo criteri ESG poiché il loro fine principale dovrebbe essere quello della massimizzazione del rapporto rischio/rendimento. 

La cronaca dal mondo ESG va letta con più sospensioni di giudizio. Flussi e rendimenti non possono essere straordinari un anno e disastrosi dopo appena 12 mesi. Come sempre si ricorda in finanza, gli investitori devono essere pazienti e, allo stesso modo, anche gli investimenti sostenibili necessitano di tempo, senza affrettare troppo i giudizi. La normativa stessa si è presa un periodo di pausa per via delle elezioni europee. La strada è però ormai tracciata ed è  quindi ora il momento di essere professionisti responsabili e di lavorare in maniera corale integrando le funzioni con chiarezza ed efficacia per un futuro prossimo di piena maturità e sviluppo per i criteri ESG.  

May 15, 2024 at 08:59AM

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