Moda e rivoluzione: intervista a Isabella Springmühl Tejada – 2duerighe
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Isabella Springmühl Tejada ha 27 anni ed è una stilista di fama internazionale. È guatemalteca e ha la sindrome di Down. Questo non le ha impedito di coltivare la passione che ha fin da bambina e di diffondere la sua moda inclusiva e sostenibile in tutto il mondo. In questi anni ha esibito i suoi capi variopinti alla London Fashion Week, ha partecipato ad un Ted Talk e ha tenuto varie conferenze sulla inclusive fashion. I suoi abiti variopinti raccontano la tradizione guatemalteca delle donne maya e trasmettono l’entusiasmo di chi ha superato ogni pregiudizio. Abbiamo incontrato Isabella sabato scorso ad Ariccia, durante la proiezione di un cortometraggio sulla sua vita, Isa, candidato agli Oscar, seguito da una sfilata con le sue ultime creazioni.
Sei giovanissima e già molti ti hanno definito una “rivoluzionaria della moda”. Cosa hai affrontato per arrivare fin qui? Credi di aver realizzato davvero una rivoluzione?
Sì, credo proprio di sì, mi sento un po’ una ragazza rivoluzionaria. Non avrei mai immaginato di dover affrontare un mondo così difficile, ho dovuto superare ostacoli su ostacoli. Il primo dovuto alla mia condizione, il secondo perché credo che la moda sia davvero importante e rivoluzionaria, ma è difficile farsi strada in questo mondo. Per quanto mi riguarda, ho sempre sentito di ereditare questa passione, la mia moda racconta la mia storia. È la mia prima volta in Italia come lavoratrice, sono onorata e felice di sapere che la mia moda stia arrivando in tutto il mondo.
Facciamo un passo indietro, hai parlato di “eredità”. Com’è iniziata la tua passione per la moda e quali sono le tue fonti d’ispirazione?
È iniziata quando avevo sette anni. Giocando con le mie bambole mi piaceva osservare soprattutto i vestiti che portavano. A darmi lo stimolo decisivo fu mia nonna materna. Lei è una stilista da più di 40 anni, fu lei a spronarmi e a farmi da modello. Ovviamente, non avrei mai pensato che questo poi sarebbe diventato il mio lavoro. Crescendo, iniziai a rendermi conto che vestire le mie bambole non era più un semplice gioco, volevo che diventasse un mio talento. Per prima cosa, dovevo diventare brava. Passavo ore e ore a studiare moda e a esercitarmi. Mi capita spesso di stancarmi, dipende sempre da che lavoro sto facendo in quel momento, però so che ho l’opportunità di fare qualcosa che amo e che scorre nel mio sangue. La mia fonte d’ispirazione principale rimarrà sempre, però, la mia Guatemala.
L’evento di oggi si basava sulla relazione tra moda e sostenibilità. Come inserisci il fattore sostenibilità nelle tue creazioni, quanto credi sia importante?
La mia moda si basa tutta sulla sostenibilità. Io riutilizzo i tessuti huipiles, tipici del Guatemala e delle donne indigene maya. Recupero questi tessuti caratteristici che raccontano la storia del nostro paese e li rielaboro nei miei vestiti. Proprio di questo ho parlato durante una conferenza in Costa Rica che trattava dell’eco-moda. Credo che sia fondamentale, oggi, diffondere una moda sostenibile che combatta il Fast fashion. I miei disegni in un certo senso sono pezzi unici ed ecologici perché non solo riciclo i tessuti abbandonati, ma utilizzo anche pochi fili per riadattarli ai miei disegni.
Parlando, invece, di moda inclusiva, quali sono i passi in avanti che sono stati fatti dalla moda? Quali i punti in cui bisogna ancora lavorare molto?
La mia è sicuramente una moda inclusiva, perché nasce esattamente con l’obiettivo di creare abiti per ragazzi con sindrome di Down. Lavoro in due organizzazioni messicane che si occupano del settore, la prima si chiama Soy Moda Incluyente e l’altra Cambiando Modelos. Sono la loro portavoce principale. Il mio obiettivo è creare una moda che involucri persone con problemi mentali, disabilità motorie, una moda che arrivi a tutti. È fondamentale che si diffonda una moda inclusiva, ma in questo campo bisogna ancora lavorare molto. Personalmente collaboro molto cercando di far fare alla moda passi in avanti: in una delle mie prime sfilate in Messico ho coinvolto come modelli persone sordomute, è stata una delle esperienze più belle della mia vita.
Nomini molto spesso il Messico, ti senti legata a questo Paese?
Il Messico è la mia seconda casa. Quando lì si accorsero del mio talento, nonostante la mia situazione mi aprirono porte su porte, mi fecero sentire immediatamente apprezzata, amata. Ormai vivo tra Guatemala e Messico, sono stata lì milioni di volte. In diverse città del Messico ho sempre trovato un appoggio e interesse in ciò che facevo, come speaker, come influencer, come stilista. Inoltre, sono legata al Messico anche sentimentalmente perché lì vive il mio fidanzato, ora mio futuro marito. Lui è un attore, anche lui con sindrome di Down, ci siamo conosciuti proprio a Città del Messico durante un evento, fu amore a prima vista.
Grazie Isabella, per averci trasmesso la tua energia e la tua passione.
Grazie a voi.
May 17, 2024 at 09:07PM