I limiti e l’insoddisfazione per i rating ESG – Secondo Tempo
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Modelli di business differenziati e non sempre caratterizzati da trasparenza. Ma anche utilizzo di metodologie diverse e mancanza di adeguati processi di certificazione. Sono alcune delle principali criticità attribuite alle agenzie specializzate nella produzione per imprese e società quotate di indici ESG, acronimo di Environmental, Social e Governance. Una divergenza nell’adozione degli strumenti di valutazione che finisce per tradursi in una bassa comparabilità tra i punteggi e i giudizi emessi dai provider, alimentando così maggiore confusione in merito alla sostenibilità più che contribuire all’efficienza del mercato.
A mettere sotto la lente l’operato delle agenzie di rating ESG, non nuove a queste critiche, è lo studio elaborato da Alfonso Del Giudice, Università Cattolica, Carmen Gallucci, Università di Salerno, e Rosalia Santulli, Università di Genova, per FIN-GOV, il Centro di ricerche finanziarie sulla corporate governance dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Basata sui rating elaborati nell’anno 2021 dalle agenzie Refinitiv, Moody’s e Bloomberg per 1.776 imprese – di cui 985 quotate in Europa (61 in Italia), 767 negli Stati Uniti e le rimanenti 24 società in altri continenti – l’analisi empirica è stata presentata lunedì 20 maggio nell’Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (largo Gemelli 1 – Milano) nell’ambito dell’incontro “Sostenibilità: un confronto internazionale”, introdotto dai saluti della preside della Facoltà di Economia Antonella Occhino e di Massimo Belcredi, direttore del Centro di ricerca FIN-GOV.
May 23, 2024 at 05:34PM