Il dovere di diligenza in ambito ESG: in arrivo la direttiva “Due Diligence” – AboutPharma
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L’impegno dell’Unione europea nella promozione di un’economia sostenibile è ormai noto e sono già numerose le norme che attuano la Comunicazione Commissione UE 2019 (640) nota come Green deal europeo. Nel nostro precedente articolo abbiamo parlato de “L’obbligo di rendicontazione dei fattori ESG” previsto dalla Direttiva 2022/2464/UE (Corporate Sustainability Reporting Directive, abbreviato Csrd). Oggi parliamo invece del dovere di diligenza per le grandi imprese contenuto della “Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937”.
La parola al prossimo Parlamento Ue
Presentata in data 23 febbraio 2022 dalla Commissione Ue, lo scorso 15 marzo 2024 la proposta è stata approvata dal Consiglio Ue. Ora il testo legislativo dovrà passare all’approvazione del Parlamento Ue e, successivamente, alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale: gli Stati membri avranno poi due anni per recepire la Direttiva.
In cosa consiste l’obbligo di Due Diligence
Il legislatore europeo attribuisce all’impresa privata un ruolo di primo piano nella promozione di una crescita economica sostenibile e inclusiva, che eviti la creazione di squilibri sul mercato internazionale, tenendo conto delle esternalità e dei rischi sociali, ambientali e di governance. In particolare, la Direttiva prevede all’articolo 1 (Oggetto) del testo uscito dal Consiglio:
- Obligation for companies regarding actual and potential human rights adverse impact and environmental adverse impact, with respect to their own operations, the operations of their subsidiaries, and the operations carried out by their business partners in companies’ chain of activities;
- Liability for violations of the obligations mentioned above; and
- Obligation to adopt and put into effect a transition plan for climate change mitigation which aim to ensure, through best efforts, compatibility of the business model and strategy of the company with the transition to a sustainable economy and with the limiting of global warming to 1.5 °C.
Le imprese saranno dunque tenute ad attivarsi per far sì che la propria attività non arrechi danno né ai diritti umani né all’ambiente, tenendo in considerazione le operazioni svolte direttamente ma anche le attività delle controllate e dell’intera catena del valore.
La catena del valore
La Direttiva Due Diligence si applicherà poi alle grandi imprese che impieghino più di mille dipendenti e abbiano un fatturato netto a livello mondiale di oltre 450 milioni di euro nell’ultimo esercizio; le grandi imprese saranno però tenute a monitorare e adeguare l’intera catena di valore ovvero le attività dei partner commerciali relative alla produzione di beni o alla fornitura di servizi, tra cui la progettazione, l’estrazione, l’approvvigionamento, la fabbricazione, il trasporto, lo stoccaggio e la fornitura di materie prime, di prodotti o parti di prodotti e lo sviluppo del prodotto o del servizio nonché le attività dei partner commerciali a valle dell’azienda relative alla distribuzione, al trasporto e allo stoccaggio del prodotto. L’obbligo di diligenza graverà quindi in maniera diretta sulle grandi imprese, ma i fornitori e tutte le PMI che gravitano intorno ad essa dovranno necessariamente, a loro volta, attivarsi per garantire il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente; chi non si adeguerà correrà, infatti, il rischio di essere ritenuto un fornitore non adeguato dalle grandi imprese e quindi di trovarsi escluso dal mercato.
Gli obblighi
Le imprese adempiono al proprio obbligo di diligenza ponendo in essere le azioni previste negli articoli da 5 a 11 della proposta. In particolare, l’articolo 5 prevede un’integrazione del dovere di diligenza in tutte le politiche aziendali con l’adozione di un Codice di condotta, la descrizione dell’approccio della società al dovere di diligenza, l’adozione di procedure per l’esercizio del dovere di diligenza e misure per il controllo e l’estensione ai soggetti terzi, l’aggiornamento delle policy in caso di modifiche sostanziali o, comunque, ogni 24 mesi. L’articolo 6 impone un assesment sui rischi attuali e potenziali derivanti dalle attività proprie, delle società controllate e di tutti i soggetti appartenenti alla propria catena di valore e la conseguente redazione di un piano di prevenzione dei rischi potenziali (articolo 7) e di arresto di quelli attuali (articolo 8). La Direttiva prevede espressamente l’inserimento nei contratti con i partner di clausole risolutive espresse in ipotesi di mancato rispetto dei diritti umani o di impatto negativo sull’ambiente.
Cosa fare
Le imprese dovranno dimostrare che le proprie attività si svolgono nel rispetto di pratiche sostenibili eticamente corrette. Per farlo dovranno intercettare, analizzare e verificare potenziali fattori connessi all’impatto sui fattori Esg a livello di operations; terminata la fase di mappatura dovranno adottare processi di miglioramento continuo delle operazioni interne e delle catene di approvvigionamento. Sia la fase di assessment che di miglioramento e predisposizione delle policy dovranno necessariamente coinvolgere l’intera catena di valore.
A seguito alla pubblicazione in Gazzetta, gli Stati membri avranno due anni per adottare la normativa nazionale; i tempi sembrano quindi molto lunghi e le attività procrastinabili. In realtà lo sforzo organizzativo richiesto alle grandi imprese tenute al rispetto dei futuri obblighi ma anche ai loro fornitori, se vorranno rimanere tali, promette di essere così impattante, che una governance avveduta e lungimirante non potrà rimandare di molto gli adempimenti richiesti.
June 1, 2024 at 11:30AM