Non confondete tempo e clima, anche se piove resta l’allarme – La Stampa
https://ift.tt/YG7TOld
Non c’è una regione, in Europa, che risenta della crisi climatica attuale più del Mediterraneo e della penisola italiana, stretta fra il deserto che spinge da Sud e le masse d’aria boreali da Nord. E non c’è un luogo che cambi in maniera più radicale della catena montuosa alpina, avvolta in passato dai ghiacci e dai silenzi innevati e oggi in via di una sconvolgente trasformazione. Ma, prima di approfondire, va fatta una specificazione doverosa: un mese di maggio più fresco e più umido in un settore limitato del Nord Italia ha fatto gridare alla fine del riscaldamento climatico globale, fintamente messo in piedi dagli specialisti di tutto il mondo per costringere gli italiani a comprare auto elettriche. Invece, cioè, di rallegrarsi per una tregua rispetto ai primi quattro mesi dell’anno, ciascuno il più caldo da quando si misurano le temperature atmosferiche, i soliti simpatici zuzzurelloni hanno confuso il tempo con il clima e hanno fatto, al solito, dell’Italia il mondo intero.
È ragionevole pensare che l’estate prossima avrà forse qualche intoppo a carburare, ma entrerà comunque a pieno regime toccando record inaspettati. Però il punto è che il tempo atmosferico di pochi giorni non ha nulla a che vedere con il clima: se i prossimi mesi di maggio fossero tutti come questo appena trascorso fino al 2050 allora, forse, ne potremmo discutere. Fino a quel momento, invece, niente mostra che il riscaldamento globale conosca pause. Anche perché i record di calore nelle temperature atmosferiche di Paesi leggermente più estesi del nostro, come Iran e India, mostrano che nel resto del pianeta si procede senza alcuna sosta verso una crisi climatica sconvolgente. L’Italia non è il mondo e il tempo non è il clima.
Una cartina al tornasole di quanto il riscaldamento sia grave sono i ghiacci del pianeta: del ghiacciaio Humboldt (Parco nazionale della Sierra Nevada, Venezuela) sono rimasti solo due ettari, essendosi ridotto del 98% dal 1952, e avendo perso, quindi, lo status di ghiacciaio. Insieme agli altri cinque ghiacciai già perduti nell’ultimo secolo conferisce al Venezuela il poco onorevole primato di prima nazione al mondo ad aver perduto tutti i ghiacciai. Per non dire delle aree ghiacciate dei poli, che sono in riduzione di superficie e di volume ormai da una quarantina di anni. E delle Alpi che, di questo passo, perderanno tutti ghiacciai nel futuro prossimo, ma che già ora mostrano segni inquietanti di irreversibilità. Se un viaggiatore di un secolo fa fosse portato oggi, per magia, a camminare sulle Alpi di oggi non riconoscerebbe un solo ghiacciaio, dai Forni all’Adamello alla Marmolada. L’innalzamento dello zero termico a quote ormai impensabili costringe a devastanti innevamenti artificiali e muta profondamente il paesaggio: dove c’erano bianche distese soffici o lame di ghiacci azzurrini, oggi abbiamo torrenti di fusione glaciale, frane, crolli, il grigio delle rocce e il verde delle residue foreste. Ma i ghiacciai sarebbero anche la nostra assicurazione contro il cambiamento climatico: più sono robusti e numerosi e meno violento e rapido è il cambiamento, più si assottigliano e diminuiscono, più il caldo avanza. Purtroppo siamo ampiamente nella seconda situazione, nessuna strategia seria viene messa in pratica e sulla riconversione ecologica si alimentano piuttosto i fantasmi che non le speranze.
June 4, 2024 at 01:39AM