Svolta in Vermont: le società petrolifere pagano per i danni al clima – Vaielettrico.it

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Le grandi società di combustibili fossili obbligate a pagare per i reiterati danni arrecati al clima con le proprie emissioni nocive. Il caso del Vermont riaccende i riflettori sul tema delle responsabilità del cambiamento climatico.

Quello che è successo di recente nel Vermont rappresenta un qualcosa di potenzialmente rivoluzionario nella lotta al cambiamento climatico. Il tema è quello della responsabilità. Nello specifico delle grandi società di gas e petrolio locali, a cui una nuova legge governativa (Climate Superfund Act) impone di farsi carico degli impatti climatici negativi causati dalle proprie emissioni nocive.

Il disegno di legge – che ha ottenuto il sostegno della maggioranza assoluta da parte dei democratici e di alcuni repubblicani – di fatto ordina ai funzionari statali di addebitare cifre notevoli (si parla di miliardi di dollari) alle principali società di combustibili fossili. Questo sulla base di un calcolo dei costi totali per lo Stato derivanti dai gas serra emessi negli ultimi trentanni, tra il 1995 e il 2024. In maniera quindi retroattiva.
Fino al prossimo gennaio 2026, verranno utilizzati dati federali per determinare quanto addebitare ai singoli soggetti inquinatori. La motivazione è il loro prolungato impatto dannososulla salute pubblica, sulla biodiversità e sullo sviluppo economico dello Stato“.

L’iniziativa legislativa ha subìto un’accelerazione dopo che il Vermont è risultato uno degli Stati USA più colpiti da disastri climatici. Non ultime le tremende inondazioni della scorsa estate  che hanno causato danni per oltre 1 miliardo di dollari. Cifra difficile da digerire per il Paese con il PIL più basso di tutti gli Stati Uniti.

danni al clima

Lo scontro sulla responsabilità climatica

Come prevedibile, questa richiesta di una maggiore “responsabilità climatica” delle realtà più esposte nel campo delle emissioni ha generato uno scontro abbastanza acceso tra le diverse fazioni.
I sostenitori della resa dei conti dell’industria dei combustibili fossili hanno celebrato l’approvazione di questa legge. La speranza è che possa servire da modello per il resto del Paese, a partire da quegli Stati – come Maryland, Massachusetts e New York – che già da tempo prendono in considerazione misure simili.

Di tutt’altro avviso le grandi compagnie e lobby del petrolio e del gas (Big Oil), che ovviamente difendono i propri interessi. In particolare l’American Petroleum Institute, una delle più importanti organizzazioni degli Stati Uniti nel settore petrolchimico. Si è opposta al disegno di legge, sostenendo che “impone retroattivamente costi e responsabilità su attività precedenti che erano legali e viola la parità di protezione e i diritti del giusto processo, ritenendo le società responsabili delle azioni della società in generale”.

Da qui l’immediato annuncio di dure, ed inevitabili, battaglie legali che rischiano di procrastinare l’effettiva attuazione della nuova legge.

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Il ruolo dell’azionariato critico

Il “caso Vermont” ha il merito di accendere la luce sulla validità di certi strumenti utilizzati nella lotta per il clima. E tra questi c’è anche spingere le aziende a limitare le proprie emissioni nocive utilizzando regole e leggi specifiche, con la spada di Damocle di un cospicuo esborso pecuniario in caso di reiterata inosservanza.

Un’imposizione “dall’alto”, nel caso del Vermont, che, se reso efficace, potrebbe dar man forte alla spinta che invece già in diverse realtà arriva dal basso, o meglio dall’interno, attraverso il cosiddetto azionariato critico.

Si tratta di uno strumento sempre più utilizzato dagli azionisti per spingere le aziende inquinanti al cambiamento. In questo senso di recente si è assistito ad un graduale aumento della pressione da parte di certi investitori, specialmente tra le major dei combustibili fossili come Shell, BP, ExxonMobil e Chevron.

Non ultima, una risoluzione appoggiata da un gruppo di ventisette azionisti della compagnia petrolifera Shell, che ha chiesto alla propria azienda di allineare gli obiettivi di riduzione delle emissioni con quelli delineati dall’accordo di Parigi nel 2015.

Regole ferree per il clima?

L’attivismo degli azionisti può quindi avere un ruolo chiave nel guidare una manovra pro-clima da parte delle aziende più inquinanti. L’azionariato critico può influenzare la gestione o la direzione strategica di un’azienda. Ma, chiaramente, non può rappresentare una soluzione unica e “miracolosa”.

Anche perché di fronte al crescente attivismo degli azionisti, le aziende in questione fanno spesso opposizione con tecniche precise, per frenare la pressione interna e deviare l’attenzione dalle proprie responsabilità.

Da qui l’importanza, secondo l’analisi degli esperti, del giusto sostegno di una regolamentazione e una legislazione ad hoc. Ad oggi le modalità forse più efficaci per spingere le compagnie a ridurre, se non ad abbandonare, le attività inquinanti.

Resta da capire la validità del modello Vermont e se tale manovra avrà effettivamente una sua efficacia nel tempo.

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June 4, 2024 at 12:56PM

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