Olio Extravergine di Oliva: cambiamento climatico, prezzi e scorte insufficienti – Mentinfuga
https://ift.tt/xFEDTiK
Il Ministero dell’Agricoltura della Sovranità alimentare e delle foreste, diffonde regolarmente bollettini nei quali sono riportati i dati che chiariscono lo stato delle produzioni agricole. Si tratta ovviamente di numeri utilissimi a poter avere una programmazione dell’agricoltura il più possibile calzante rispetto alle necessità delle collettività.
Il bollettino 5/2024 dell’Ispettorato centrale della tutela e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), riporta le giacenze al 30 aprile 2024 degli oli detenuti in Italia. Si tratta di dati aggiornati, monitorati continuamente, dai quali risultano in giacenza, al 30 aprile, 223.409 tonnellate di oli d’oliva rispetto ai 242.803 tonnellate rilevate al 31 marzo, un mese prima. Queste quantità sono risultate inferiori del 23,8% rispetto all’anno precedente e si consideri anche che il 73% della giacenza di aprile è fatta di olio extravergine d’oliva (EVO). Inoltre l’EVO è per il 68,5% di origine italiana, il 22% di origine europea la restante parte, all’incirca l’1,5%, è olio vergine d’oliva. La giacenza in sofferenza dell’EVO è considerata una preoccupante notizia perché potrebbe essere non sufficiente ad assicurare i consumi di olio extravergine per tutti fino al prossimo raccolto. Se si considera che dai dati di fine marzo e fine aprile risulta una differenza del 9% in meno, e sapendo che serviranno per arrivare a novembre almeno altre 32.000 tonnellate di olio extravergine al mese, ecco che il problema è ben definito ed equivale ad insufficienza.
Problema sicuramente italiano ma che aggrava anche la situazione spagnola, altro grande produttore; il primo in Europa, che già affronta una crisi ormai da due anni. Ma avendo grandi quantità di stoccaggio, dovute alle enormi quantità prodotte negli anni precedenti, il mercato spagnolo potrà aiutare a colmare la differenza di disponibilità di cui necessitiamo.
Quanto sta accadendo in Spagna e soprattutto in Catalogna, permette di introdurre la probabilmente più grave causa della carente produzione olivicola: il cambiamento climatico. Le condizioni per una coltivazione giusta dell’olivo è notorio che necessitino di un inverno piovoso e freddo – senza però che le temperature si abbassino al di sotto dei meno 10 °C – e di una stagione estiva soleggiata e calda. Altrettanto inconfutabile è che negli ultimi tempi si avvicendino con frequenza mai accaduta, manifestazioni climatiche estreme che possono avere effetti distruttivi sulle coltivazioni. È quanto affermato da Luca Sebastiani, docente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che, nel corso di un seminario organizzato dall’Accademia nazionale dell’Olivo e dell’Olio – Olivo e risposta agli stress ambientali: quali scenari alla luce dei cambiamenti climatici? – ha rafforzato l’idea che possono essere notevoli i danni degli stress salini e idrici connessi ai cambiamenti climatici sulle piantagioni di olivo [2].
Altra sottolineatura necessaria è che in Spagna, ormai da tre anni si è nel bel mezzo di una siccità grave che sta inducendo riduzioni al consumo idrico difficili dal poter essere considerate sostenibili. Nel resto dei maggiori paesi produttori non è che la situazione compensi visto che guasti produttivi da condizioni climatiche, ma anche altro, si osservano con preoccupazione per il futuro. Le riduzioni obbligatorie di consumi idrici nel paese iberico, è riportato che siano quantificabili in una riduzione dell’80% in agricoltura, del 50% per gli allevamenti, del 25% nell’industria. Insomma la peggiore delle siccità incontrate della storia moderna. Le riduzioni sono anche state applicare sull’uso idrico nel turismo nei grandi alberghi, quelli destinati ad un ospite esigente e facoltoso che frequenta le strutture al massimo delle stelle con offerta di servigi che la carenza idrica non potrà più garantire. Anche in questo caso quindi, come nella riduzione di produzioni olearie, i cambiamenti climatici insidiano i difficili equilibri economici, e senza voler citare quanto accade altrove, in aree geografiche molto vicine, ed anche in regioni lontane, si osservano segni inequivocabili del cambiamento: riduzioni dei ghiacciai che scompaiono a ritmi mai riscontrati, o le temperature oltre i 50°C mai viste che uccidono in India gli esseri viventi oltre che le produzioni agricole. Per i negazionisti, che evidentemente possono solo contare sull’ignoranza per la loro possibile credibilità, basterebbe non trascurare le ripetute grandinate diffuse sull’intero stivale con l’inusuale violenza manifestatasi in questi giorni nel Salento per cambiare parere e sollecitare, con il resto della gente, provvedimenti adeguati a non far peggiorare ulteriormente il clima. Forse però siamo nella condizione tardiva di non poter più contare in quel minimo di misure che potrebbero tentare di contrastare questo stato, ammesso si riesca ancora ad ottenere risultati con ragionevole velocità. Non tentarci sarebbe comunque di una irresponsabilità senza via d’uscita tanto più che altre strade non sono ammesse e neanche conosciute.

Italia, raccolta delle olive. Foto Emidio M. Di Loreto
Altra considerazione da non sottovalutare è l’inevitabile oscillazione verso l’alto dei prezzi del prodotto. Essa è dovuta oltre che alle inevitabili variabili produttive legate al clima, anche agli effetti indiretti che l’aumento delle temperature e le siccità causano sulle produzioni. É il caso della devastazione in Salento causata dalla Xylella. Chi ha avuto modo di vedere lo stato delle sterminate piantagioni difficilmente riesce a togliersi dagli occhi e dalla mente il dispiacere ed il senso di impotenza di fronte a questi flagelli. Le siccità hanno anche causato la necessità di ricorrere ad irrigazione delle piantagioni cosa che aumenta sensibilmente i costi di produzione. Altri aumenti di prezzo hanno insistito sul prodotto: costi dell’energia per la lavorazione del prodotto e la molitura, il costo dei recipienti di vetro raddoppiati che hanno indotto alcuni all’uso di Pet con tutto quello che consegue per danni alla salute ed all’ambiente. Anche altri argomenti arricchiscono di polemiche le difficoltà produttive sull’olio, si tratta della scarsa attinenza di iniziative pubblicitarie di una azienda produttrice e rivenditrice di olio che mirava a tutelare e migliorare la vita delle api, insetti impollinatori per antonomasia, lasciando intendere che la diminuzione del numero delle api, che ormai si rileva da tempo per distruzione degli habitat e per inquinamento, sia concausa nelle difficoltà produttive di olio [3]. Non è questa la ragione, non nel caso dell’olivo, lo spiega benissimo Rocco Addante, entomologo e ricercatore dell’Università di Bari. Poi però occorre anche considerare che un nesso molto ma molto indiretto lo si possa trovare. Nella fioritura infatti le api possono svolazzare intorno ai fiori degli olivi e questo potrebbe farle credere responsabili di una impollinazione dei fiori dell’olivo che nella realtà è garantita dal vento, detta cioè impollinazione anemofila, per la quasi totalità. I fiori dell’olivo producono una gran quantità di polline che viene diffuso anche grazie ad una piccola presenza di vento. Il ruolo delle api è considerato precipuamente insignificante rispetto a quello del vento. La causa indiretta del ruolo delle api è invece legata ad essere indicatrice della salubrità dei campi, per indicare le coltivazioni di olivo esenti da inquinamento chimico e da pesticidi ma non direttamente sull’impollinazione e quindi sui raccolti degli uliveti. Altro dato che viene sottolineato a conferma è che i fiori delle piante di olivo non sono evolute in profumi intensi, colori sgargianti e nettare profumato in modo da attrarre insetti, come nel caso delle angiosperme. In questa ultima tipologia di piante spermatofite esse sono caratterizzate dalla necessità di garantirsi la cosiddetta impollinazione entomofila, a carico degli insetti che, attratti da profumi, colori e nettare, nel passare da fiore in fiore, trasportano il polline necessario allo sviluppo di nuovi semi.
Tornando però ai numeri delle produzioni, si aggiunge quindi alla già esplorata diminuzione olearia mondiale con numeri pari a 2,4 milioni di tonnellate, la considerazione del dato in grave diminuzione rispetto alla media di 3 milioni di tonnellate degli anni precedenti. Scenario questo che ha tendenza al peggioramento allorquando si confermeranno la carenza delle scorte di olio Evo insufficienti ad oltrepassare il periodo dei raccolti del nuovo prodotto.
Emidio Maria Di Loreto
[1] ICQRF – Frantoio Italia: Report n. 5/2024; dati al 30 aprile 2024 delle giacenze oli detenuti in Italia
[2] Giuseppe Francesco Sportelli, Rivista Olivo e Olio, Cambiamento climatico: qual è il ruolo dell’olivicoltura?, 1 giugno 2021
[3] Elisabetta De Blasi, Teatro Naturale, Le api non fanno l’olio e nemmeno le olive , 23 Agosto 2018

Segui il canale TELEGRAM
—————————–

Iscriviti alla newsletter
—————————–
Se sei giunto fin qui vuol dire che l’articolo potrebbe esserti piaciuto.
Usiamo i social in maniera costruttiva.
Condividi l’articolo.
Condividi la cultura.
Grazie
June 9, 2024 at 12:09PM