Compliance integrata: scelta o necessità per le imprese? – AboutPharma

Compliance integrata: scelta o necessità per le imprese? – AboutPharma

https://ift.tt/SNQVuCq

Do No Significant Harm (all’ambiente), rispetto dei criteri Esg, economia sostenibile per l’ambiente e rispettosa dei diritti umani sono oggi principi ispiratori di moltissime normative nazionali e comunitarie. Questi dovranno costituire un punto di arrivo per le imprese che intendano rimanere competitive sulla scena nazionale e comunitaria ma anche internazionale.
Lo stesso Pnrr prevede sia interventi in ambito ambientale con la Missione 2 (Rivoluzione verde e Transizione ecologica) che in ambito sociale con la Missione 5 (Inclusione e coesione) e i principi del Do no significant harm, del rispetto e della tutela di tutte le diversità sono trasversali a tutte le missioni. Perdere di vista l’obiettivo della sostenibilità in tutte le attività che l’impresa svolge può comportare il rischio, in primo luogo, di subire pesanti sanzioni ma soprattutto di trovarsi esclusi dai propri mercati di riferimento.

Lo spirito del legislatore

Analizziamo alcuni recenti interventi normativi che, letti in un quadro d’insieme, forniscono un’idea chiara di quale sia l’intento del legislatore, soprattutto comunitario, nel breve e nel lungo periodo. Partiamo dagli appalti pubblici, che certamente rappresentano una grossa percentuale del PIL nazionale: il Pnrr ha dato un forte impulso al Green Public Procurement, ponendo la tutela ambientale in una posizione preminente nell’ambito della strategia di rilancio della nostra economia.

Gli appalti pubblici

Il nuovo “Codice dei contratti pubblici” adottato con il decreto legislativo 31 marzo 2023, numero 36, prevede l’esclusione dalla partecipazione alla procedura di gara di un operatore economico qualora vengano accertate gravi infrazioni agli obblighi in materia di ambiente (articolo 95 “Clausole di esclusione non automatica”). Il nuovo codice “premia” invece le imprese che abbiano ottenuto la certificazione del Sistema di gestione ambientale, riducendo l’importo della garanzia e del suo eventuale rinnovo (articolo 106 “Garanzie per la partecipazione alla procedura”). Il nuovo codice richiede l’inserimento dei Criteri ambientali minimi (requisiti definiti per le varie fasi del processo di acquisto, che rappresentano le specifiche misure volte all’integrazione delle esigenze di sostenibilità ambientale per varie categorie di appalti della pubblica amministrazione) nella documentazione progettuale e di gara.

L’obbligo di rendicontare la sostenibilità

Proseguiamo con la Direttiva 2022/2464/UE (Corporate Sustainability Reporting Directive, abbreviato Csrd) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 16 dicembre 2022 e in vigore dal 5 gennaio 2023. Tale direttiva impone di redigere un rendiconto di sostenibilità da inserire all’interno della Relazione sulla Gestione e non in un documento a sé stante; il bilancio e la relazione sulla gestione dovranno essere redatti in formato XHTML e le informazioni sulla sostenibilità contrassegnate tramite tag. Inoltre, la Commissione ha adottato gli standard europei di informativa sulla sostenibilità (Esrs), elaborati dallo European financial reporting advisory group (Efrag) che dovranno essere utilizzati per la rendicontazione di sostenibilità; la prima serie di Esrs è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 22 dicembre 2022 – Regolamento delegato (UE) 2023/277. Per fare solo un esempio nella sezione dedicata ai cambiamenti climatici, è indicato come risultato atteso nel rendiconto di sostenibilità la descrizione dettagliata di come l’impresa adatterà il proprio modello di business e la propria attività per garantire la transizione verso un’economia sostenibile.

I cardini della “due diligence”

Ancora, la Direttiva (UE) 2024/1760 (Corporate Sustainability Due Diligence Directive – Cs3d o Csddd), pubblicata il 5 luglio 2024, attribuisce all’impresa privata un ruolo di primo piano nella promozione di una crescita economica sostenibile e inclusiva, che eviti la creazione di squilibri sul mercato internazionale, tenendo conto delle esternalità e dei rischi sociali, ambientali e di governance. Le imprese saranno dunque tenute ad attivarsi per far sì che la propria attività non arrechi danno né ai diritti umani né all’ambiente, tenendo in considerazione le operazioni svolte direttamente ma anche le attività delle controllate e dell’intera catena del valore.

La catena del valore

Questo è un altro tema ricorrente, perché se alcune normative sembrano riguardare solo le grandi imprese, quest’ultime  saranno però tenute a monitorare e adeguare l’intera catena di valore ovvero le attività dei partner commerciali relative alla produzione di beni o alla fornitura di servizi, tra cui la progettazione, l’estrazione, l’approvvigionamento, la fabbricazione, il trasporto, lo stoccaggio e la fornitura di materie prime, prodotti o parti di prodotti. Oltre a ciò il monitoraggio si estende allo sviluppo del prodotto o del servizio nonché alle attività dei partner commerciali a valle dell’azienda relative alla distribuzione, al trasporto e allo stoccaggio del prodotto. Quindi anche tutti gli stakeholder di una grande  impresa dovranno necessariamente, a loro volta, attivarsi per garantire la sostenibilità dal punto di vista ambientale e sociale dell’attività di impresa.

Gli aspetti penali e la compliance

Da non dimenticare infine che a livello nazionale i reati ambientali sono stati inseriti nel catalogo dei reati rilevanti ai sensi del dlgs 231/2001 sin dal 2011. Quel che è certo è che sempre di più le imprese sono chiamate ad attivarsi e ad assumere un ruolo di primo piano verso un’economia sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale.
Lo sforzo richiesto alle imprese è enorme, la corsa a cercare di adempiere al meglio gli obblighi imposti dalla normativa rischia di disperdersi in mille rivoli, con costi elevati e risultati probabilmente poco soddisfacenti. Per evitare questo rischio le imprese dovrebbero cercare di dotarsi di un sistema di compliance aziendale unico, dotato di un “corpo centrale” che raccolga e faccia dialogare tutti i diversi sistemi di gestione relativi alle diverse normative, con procedure che possano soddisfare i requisiti e dare indicazioni utili per più sistemi di gestione. In sintesi, un sistema di gestione integrato, in cui i diversi responsabili dei vari sistemi di compliance collaborino e apportino il proprio contributo e di cui, a livello nazionale, il Modello di Organizzazione e Gestione 231 potrebbe costituire il fulcro.

August 28, 2024 at 05:25PM

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *