Moda e beauty: quanta sostenibilità c’è nei colori? – Nonsoloambiente

Moda e beauty: quanta sostenibilità c’è nei colori? – Nonsoloambiente

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Dalle colorazioni per gli
abiti fino alle tinte per capelli, passando per il make-up: in che direzione si
può evolvere la sostenibilità di moda e beauty.

 

Moda e beauty possono
rinunciare alle colorazioni? La
risposta è un fermo no. Tuttavia, ci sono nuove possibilità per rendere il colore sostenibile e meno tossico per chi indossa gli abiti o utilizza trucchi e tinte per capelli.
E, seppure a diverse velocità, il mercato della moda e quello beauty si
stanno aprendo a queste prospettive.

 

Tingere i vestiti

Nella moda le colorazioni sono
dei passaggi nel processo di finissage che possono rappresentare un
concreto problema per l’ambiente e
per la salute, vista l’aggiunta di
sostanze potenzialmente dannose. Il fast fashion, per garantire effetti e colorazioni sui tessuti,
ha portato alle estreme conseguenze questi trattamenti. Utilizzando, tra
l’altro, prodotti altamente pericolosi, più aggressivi per abbattere i tempi dei trattamenti e immettere più velocemente i capi sul mercato.
Processi che implicano un consumo – anzi, uno spreco – di materie prime, acqua
in primis. Secondo il report A New Textiles Economy di The
Ellen MacArthur Foundation
, tintura
dei capi e finissage possono causare
lo spreco di 125 litri di acqua per
chilogrammo di fibra di cotone.

Le colorazioni non inquinanti

Per rendere le colorazioni più persistenti, spesso si
utilizzano sostanze estremamente complesse da smaltire. Queste tinture tessili, infatti, possono
contenere metalli come piombo e cadmio, agenti estremamente pericolosi anche
perché cancerogeni. Ma ci sono
sistemi brevettati che aprono orizzonti nuovi e nettamente più sostenibili. DyeCoo, ad esempio, basa la sua
tecnologia sull’utilizzo di CO2
e su un sistema di pressurizzazione
progettato per abbattere il 90% dei consumi di acqua.
Un metodo che, inoltre, non comporta dispersione di colorante poiché non richiede solventi
chimici
per far aderire il colore
alle fibre. Un trattamento
pionieristico pensato anche per il riutilizzo
del 95% di colorante grazie a un
sistema a circuito chiuso.

 

Tutte le sfumature di beauty

Si è visto quali alternative
naturali e sostenibili
siano state indagate o rivalutate per il settore tessile negli ultimi tempi. Ma come
procede in ambito beauty? I prodotti
make-up contengono sostanze di derivazione animale e fossile che, oltre
a rivelarsi rischiose per la salute umana, incidono pesantemente sul
coefficiente di sostenibilità. Il
nero dei pigmenti spesso è estratto
dal carbone, dal petrolio e dai loro derivati.
Esattamente, non quanto di più eco-compatibile
e sicuro per la salute dei consumatori ci sia. Tuttavia, la resa
del pigmento è ineccepibile,
riuscendo a fissarsi e durare. Ma a quale
costo, verrebbe da chiedersi.

 

Non c’è… trucco

Nuove realtà si stanno
affacciando, riuscendo a fornire delle possibili e affascinanti alternative.
Per ovviare agli aspetti più inquinanti
e dannosi di queste colorazioni,
aziende che sperimentano nel campo della cosmetica
stanno portando avanti ricerche di pregio e che riescono a suscitare grande
interesse e curiosità. Il brand The
unseen
, ad esempio, può vantare il primato di aver estratto un pigmento nero non tossico.
Il materiale di partenza sono le biomasse
di alghe
, sottoposte a un processo quasi paragonabile all’upcycling
diffuso nel campo tessile. La resa e
la tenuta del colore di eyeliner, mascara e matite, inoltre, si associa alla riduzione del 200% di emissioni di CO2.
Passando dal nero ai colori c’è poi chi, come l’azienda Earthy, produce smalti per unghie rispettosi dell’ambiente e della salute. I prodotti sono garantiti dalla certificazione ISO16128, plant-based e non testati su animali. E una strategia commerciale molto
accurata inscrive questo brand in un’ottica di sostenibilità e circolarità.
Come la scelta di sostituire le componenti di plastica usa-e-getta con il bambù
o dare la possibilità ai clienti di conferire
le boccette usate.

 

Colorazioni per capelli:
sostenibilità fake?

E, come ipotizzabile, anche le tinte per capelli hanno un forte
impatto sia sulla cute, sia sull’ambiente per le sostanze chimiche in esse contenute. Stando a un paper scientifico
del 2022
, in Europa e negli Stati Uniti sono il 33% delle donne sopra i 18
anni e il 40% degli uomini over 40 a utilizzare colorazioni chimiche per i capelli. L’incidenza dell’utilizzo di
questi prodotti, come dimostrato nello studio, può accompagnarsi all’insorgere
di allergie e, non di rado,
purtroppo, patologie tumorali. Le
prospettive di sostenibilità ci
sono, a partire da pigmenti naturali
il cui utilizzo potrebbe risultare nettamente meno dannoso sia per i capelli che per la pelle. Sul fronte commerciale, poi, sono molteplici le realtà che
propongono trattamenti sostenibili
senza rinunciare all’estetica. Brand
che si sono diffusi attraverso i social
e che riscuotono grande successo, ma le cui informazioni sull’effettiva eco-compatibilità risultano vaghe e
difficilmente reperibili su siti e profili aziendali. Ciò che emerge dai loro social è, senza dubbio, la volontà di
mostrare l’effetto wow di colorazioni inedite, sui toni fluo o pastello. Più difficile è
intercettare i reali criteri di una sostenibilità che rischia di essere
solo un biglietto da visita. Il dubbio che sorge, infatti, è che etichette come
vegano
e sostenibile
possano servire unicamente per fare breccia in un target di pubblico genericamente
interessato all’argomento. Consumatori che possono vedere nella (seppur apprezzabile)
riduzione di packaging superfluo e
plastica usa-e-getta l’unico orizzonte. Ma, così facendo, reiterando un
atteggiamento superficiale e ai limiti dell’autoassoluzione, le uniche
sfumature visibili sembrano essere, purtroppo, quelle del greenwashing.

Immagine di copertina: Siora
Photography su Unsplash

August 28, 2024 at 02:58PM

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