L’acquacoltura cresce, ma restano dubbi sulla sostenibilità – AboutPharma
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È la produzione alimentare che cresce più rapidamente nel mondo. Gli esperti la considerano una risposta sostenibile (in alternativa alla pesca da cattura) alla crescente richiesta di proteine animali da parte della popolazione mondiale. Nel 2022 ha raggiunto un record storico: la produzione complessiva di acquacoltura ha toccato quota 130,9 milioni di tonnellate (8,1 milioni in più rispetto ai 122,8 del 2020) e per la prima volta nella storia la produzione di specie animali, derivante da tale tecnica, ha superato quella tradizionale di cattura.
Ma l’allevamento di pesci, crostacei e molluschi in ambienti controllati – come documentato spesso da questo giornale – genera un impatto sull’ambiente e sugli ecosistemi marini particolarmente rilevante. Un tema che sta facendo discutere nelle ultime settimane, anche in seguito al lancio di un documentario di respiro internazionale che affronta il problema da una prospettiva originale. Ma andiamo con ordine partendo dai numeri.
La portata del fenomeno
Una fotografia approfondita della portata della produzione ittica tramite acquacoltura arriva dall’Organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao). Nell’ultimo rapporto “Lo stato della pesca e dell’acquacoltura nel mondo 2024” (pubblicato lo scorso maggio), la Fao mostra come, nonostante Covid-19, la produzione globale di acquacoltura abbia continuato il suo trend crescente nel 2020, 2021 e 2022 senza interruzioni. L’ultima rilevazione (2022) ne ha stimato un valore pari a 312 miliardi di dollari, con un aumento di 34,2 miliardi di dollari rispetto ai 278,5 miliardi nel 2020. Le voci nel dettaglio sono suddivise così: 94,4 milioni di tonnellate di animali acquatici, 36,5 milioni di tonnellate di alghe (marine e microalghe), più altre 2700 tonnellate di conchiglie e perle.
Un record produttivo
Sempre il 2022, peraltro, ha portato a un altro record significativo: per la prima volta nella storia la produzione globale di specie animali da acquacoltura ha superato quella di pesca da cattura, stimata in 91 milioni di tonnellate. Secondo quanto riportano le analisi della Fao, la cifra del 2022 (94,4 milioni di tonnellate) è stata superiore alla produzione di cattura annuale per ogni anno dal 1950, con la sola eccezione del 2018, quando sono stati prelevati in natura 96,5 milioni di tonnellate di animali acquatici.
La suddivisione geografica
Guardando alla geografia del fenomeno, preso atto che la produzione di specie animali da allevamento è aumentata nel 2022 di 6,7 milioni di tonnellate (7,6%) rispetto al 2020, tale aumento netto è dovuto principalmente all’Asia, il cui contributo (5,9 milioni di tonnellate, 87,9%) è stato di gran lunga superiore a quello dell’America Latina e dei Caraibi (448.300 tonnellate, 7,3%), dell’Europa (232.100 tonnellate, 3,5%), dell’Africa (50.500 tonnellate, 0,8%), dell’America settentrionale (26.500 tonnellate, 0,4%) e dell’Oceania (10.100 tonnellate, 0,2%).
Quali sono le specie che impattano maggiormente sulla produzione
Suddividendo le categorie produttive per gruppo di specie, l’incremento netto è stato attribuito principalmente ai pesci con pinne (3,9 milioni di tonnellate, 58,1%), seguiti dai crostacei (1,6 milioni di tonnellate, 24,6%), dai molluschi (1 milione di tonnellate, 15,6%) e da altre specie animali acquatiche (121.800 tonnellate, 1,8%). La produzione globale di alghe coltivate ha raggiunto i 36,5 milioni di tonnellate nel 2022, con un aumento di 1,4 milioni (4,1%) rispetto alla produzione del 2020 di 35,1 milioni. Tale aumento, rileva il rapporto, è stato il risultato di espansioni della produzione guidate dalla Cina, seguita da Malesia, Filippine, Repubblica Unita di Tanzania, Federazione Russa e pochi altri, compensati da cali (in ordine decrescente di riduzione della produzione) in Indonesia, Repubblica di Corea, Giappone e pochi altri produttori più piccoli.
Ma è davvero sostenibile?
Al di là dei numeri sull’andamento del fenomeno, non mancano tuttavia i dubbi legati all’effettivo grado di sostenibilità di tecniche di produzione come l’acquacoltura e sull’impatto che generano su ambiente circostante e popolazioni che le praticano. L’ultimo a sollevare la questione, in ordine di tempo, è un documentario realizzato dal giornalista italiano Francesco de Augustinis. Nel suo “Until the end of the world”, progetto investigativo indipendente (premiato al ventunesimo International ocean film festival), realizzato in collaborazione con One Earth, de Augustinis compie un viaggio che prende il via dagli allevamenti di trote dell’Appennino italiano e arriva fino all’estrema punta meridionale del Sud America (la fine del mondo appunto), passando per Africa occidentale, Grecia e Antartide.
L’obiettivo? Dimostrare come l’acquacoltura possa avere un impatto diretto, negativo, sugli ecosistemi marini in cui viene praticata. Per citare un esempio, un passaggio del documentario mostra come l’utilizzo eccessivo di mangimi (o anche gli escrementi dei pesci) possa danneggiare la biodiversità locale. Oppure come l’allevamento intensivo di salmoni in Sud America possa rappresentare una minaccia per la sopravvivenza delle popolazioni locali. Insomma un racconto che si pone l’obiettivo di scatenare un dibattito sulle conseguenze dell’acquacoltura in Italia (e non solo).
Le mosse del governo italiano
L’iniziativa del reporter italiano sembra assumere maggior valore anche alla luce degli ultimi interventi messi in atto dalle istituzioni italiane in materia di allevamenti ittici controllati e di pesca. A metà luglio il Parlamento italiano ha convertito in legge il cosiddetto Dl agricoltura. Tra i provvedimenti presenti all’interno del testo, è previsto anche l’incremento di 21 milioni di euro del Fondo per la sovranità alimentare. Inizialmente pensato solo per il settore agricolo, con quest’ultimo intervento vengono coinvolte anche le attività di pesca e acquacoltura, nell’ottica del contrasto al fenomeno del granchio blu. Nel dettaglio, la dotazione del fondo per la sovranità alimentare viene incrementata di un milione di euro per il 2024 e di dieci milioni per i due anni successivi (25-26). Avanti con l’acquacoltura quindi.
August 29, 2024 at 03:26PM