La caduta della De&i, la fuga dagli Esg
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L’addio gne-gne dell’ex-felpa di Harvard al controllo anti-bufale dei post su Facebook, reso un po’ ridicolo dalla faccina contrita – simile a quella che sfoderò quando una commissione senatoriale lo audì per il disastro Cambridge Analytica, la manipolazione pro-Trump del suo social da parte di un agguerritissimo think tank – l’addio gne-gne di Marck Zuckerberg, dicevamo, suona la campana a morto per il brand activisim che mostra, se ce ne fosse stato bisogno, quanto opportunismo può caratterizzare l’impegno di alcune aziende.
Proprio Meta, che era portata a riferimento come modernità di approccio da tanti, certo non come Nike o Patagonia ma che sfilava regolarmente ai Gay Pride (che sponsorizzava, a Milano, insieme a Microsoft, Google, TikTok), proprio Meta azzera pure le politiche di diversità e inclusione. Il bello è che Zuckerberg dice chiaro che la sua è una presa d’atto del cambiamento degli assetti politici (leggi il ritorno di The Donald alla Casa Bianca).
Verrebbe da citare Manzoni su don Abbondio e sul coraggio che uno non si può dare da sé, ma tant’è. Per vederci del buono, ci resta solo un paradosso: la politica è sempre più forte degli oligopoli informativi (negli ultimi anni abbiamo raccontato il contrario).
La caduta della De&I
Tutti concentrati sulla resipiscenza di Marck Zuckerberg a proposito di fact-checking, annunciata in un video, ci siamo persi un altro, significativo, passo indietro del fondatore e proprietario del più grande social network del mondo (e proprietario di Instagram e Threads, non dimentichiamolo), abbiamo cioè lasciato scivolare nell’indifferenza l’interruzione di tutte le politiche De&I diversity, equity & inclusion di Meta: addio parità di genere, differenze etniche e religiose, diritti lgbtq+ come attenzione dedicata da parte delle risorse umane.
Se il primo dietrofront, quello sul controllo dei post, determina un pericolo globale sulla manipolazione della pubblica opinione – X s’era portata avanti, TikTok di problemi non se ne era mai fatti, LinkedIn trattando di professionisti avvertiva forse meno l’urgenza – che in abbinata alla diffusione incontrollata della Ai potrà persino fa dubitare dei nostri affetti, il secondo, sulla diversità non farà altro che aprire una voragine laddove c’era una fessura, quella di aziende come Harley Davidson che l’avevano fatto alla fine del 2024, adducendo a giustificazione il mancato gradimento dei propri clienti.
Ora che un gigante come Meta si rimpiatta dietro il Trump cattivo, chissà quanti ceo non correranno – perché non ne vedevano l’ora – a tagliare i budget delle Hr da quel lato.
Mi torna in mente quando nel dicembre del 2000, la brava Carlotta Jesi scovò al Nuovo Pignone di Firenze, da poco acquisito da General Electric, un responsabile “diversità e inclusione”: era successo che i nuovi padroni americani avevano subito predisposto la figura e individuato, in seno alla grande azienda, un ingegnere più portato, diciamo. Si chiamava Valter Quercioli (oggi è il presidente di Fedarmanager). Andammo sino a laggiù per fotografarlo dentro una grande turbina. L’intervista, curata da un’altra brava collega, Emanuela Zuccalà, è da leggere. Allora l’acronimo DEI non esisteva, nel senso che l’equity non c’era. VITA era già troppo avanti.
BlackRock, addio agli Esg.
Senza neppure una lettera di Fink
A fare pendant con la diserzione di Meta, c’è l’autodafé di Larry Fink in materia di Esg. Ora direte che si tratta della solita teatralità dei giornalisti e che Giampaolo Cerri non fa eccezione. Forse avreste pure ragione ma l’annuncio dell’uscita della sua BlackRock (asset gestiti pari a sei-volte-sei il Pil italiano) dalla Net Zero Asset Managers Initiative, giovedì scorso, ha fatto sobbalzare più d’uno. La sua lettera agli azionisti del gennaio 2022 era diventata un mantra di molti sulla ineluttabilità della battaglia Esg: «Ogni impresa e ogni settore ne usciranno trasformati a causa della transizione verso un mondo a zero emissioni. La domanda ora è: voi sarete tra coloro che guideranno il cambiamento o tra chi sarà guidato?».
E ora si smobilita senza neppure una nota – controllare sulla mediaroom del fondo – ma commentando che «l’adesione ad alcune organizzazioni aveva causato confusione al riguardo delle pratiche di BlackRock e sottoponendoci a diverse inchieste davanti diversi pubblici ufficiali».
Con tutto che è vero che sono venute al pettine varie iniziative, anche di fronte alla Sec, prese dai Repubblicani col “Comitato anti-Esg” (di cui VITA ha dato spesso conto), e che la ri-presidenza trumpiana s’annuncia impegnativa, con la ventilata volontà di dismettere tutti gli impegni Usa sul clima, cotanta resipiscenza suona davvero troppo disinvolta.
Becchetti, Esg investimenti che hanno futuro
L’economista Leonardo Becchetti, voce autorevolissima sulla green economy ha così commentato sul suo profilo LinkedIn: «Meglio farsi furbi, sottintende Larry Fink. Furbi ma non masochisti perché è evidente quali sono gli investimenti che hanno futuro e quali quelli che non ce l’hanno. Prendiamo un settore a caso, quello automobilistico, dove il valore di mercato di Tesla 1.355 miliardi di dollari a fine 2024 è più di 30 volte superiore a quello della Volkswagen e di molte delle case automobilistiche che non hanno puntato sull’elettrico. In cosa conveniva investire negli ultimi anni nel motore elettrico o nel motore a scoppio? Mai come nei prossimi anni, anche per via delle aspettative di un problema ambientale destinato ad inasprirsi e agli effetti del progresso tecnologico green in tutti i settori, sarà conveniente investire nelle imprese alla guida della transizione ecologica.
Le emissioni del BTp decennale e del BTp Green Italia a 20 anni dell’8 gennaio, riferisce una nota del Tesoro, si sono concluse con richieste complessive per 270 miliardi di euro e una emissione effettiva pari in totale a 18 miliardi. Una domanda quindici volte superiore all’offerta.
Al di là della forma e dell’appartenenza a questa o a quella organizzazione mercato e tecnologia (oltre che regolamentazione) muoveranno in una direzione chiara e chi resterà indietro con nostalgie di passato perderà la sfida competitiva e anche quella dei rendimenti in borsa».
Meanwhile in California…
Strategica o meno che sia, la ritirata di BlackRock arriva nel bel mezzo del disastro californiano che, è bene ricordarlo, non è del tutto figlio del cambiamento climatico, come ha scritto subito la nostra Elisa Cozzarini dall’India (grazie!), ma al quale le concorre in maniera decisiva la siccità che, invece, sì del climate change è figlia.
Sul punto è da leggere anche la bella intervista che lo studioso di scienze forestali, Giorgio Vecchiato, ha dato alla nostra Barbara Marini.
United colors of Oliviero
È arrivata oggi la notizia della morte di Oliviero Toscani, grande fotografo e grande creativo. Era purtroppo nell’aria già dal momento della notizia del nuovo ricovero.
La sua liaison con la famiglia Benetton ha condotto a iniziative di comunicazione memorabili. Per quegli strani casi della vita, Toscani muore in una fase di crisi per il gruppo Benetton, quasi contemporaneamente a quella delle dimissioni di un direttore commerciale arrivato da pochi mesi, Paolo Venturini, e di licenziamenti in Spagna dopo la chiusura di uno stabilimento tunisino di Monastir, con grande sciopero locale.
Sul sito di Benetton non c’è, alle 16,26, alcun ricordo di Toscani – ma forse arriverà (e infatti è arrivato, vedi foto sotto, ndr) – ci sono però le sue campagne storiche come quella di cui allo scatto utilizzato sopra.
Vodafone Italia addio. E la fondazione?
Fastweb, controllata dall’elvetica Swisscom, ha acquistato Vodofone Italia, alla fine. Il collega Nicola Varcasia è corso a chiedere ai nuovi proprietari dell’ex-Omnitel che ne sarà di Fondazione Vodafone, una realtà filantropica che, in questi anni, ha realizzato progetti interessanti. Non avendone, Fastweb, c’è speranza che diventi la fondazione del nuovo e accresciuto gruppo di tlc. La risposta della comunicazione è stata questa: «Nel corso del 2025 verrà sviluppata una strategia Esg integrata che farà leva sui punti di forza di Fastweb e di Vodafone Italia in linea con gli obiettivi fissati dal Gruppo Swisscom. Nell’ambito di questo processo di definizione verranno individuati i progetti ambientali e sociali che potranno proseguire anche in futuro».
Il numero verde 40,2 milioni di dollari
È il budget del Tuvalu Coastal Adaptation Project – Tcap, progetto per l’adattamento all’innalzamento del livello del mare lungo tre chilometri di costa nello Stato insulare di Tuvalu, il quarto più piccolo al mondo, nell’Oceano Pacifico, composto di atolli esposti anche ai cicloni e a inondazioni legate agli eventi estremi. Nello scenario peggiore elaborato dagli scienziati dell’Intergovernmental panel on climate change – Ipcc, circa metà dell’isola di Fongafale sarebbe sommersa a ogni alta marea entro il 2050 – 2060, se non si fa nulla per la mitigazione delle emissioni di gas serra. Il progetto Tcap, che si concluderà a dicembre 2025, è finanziato dal Green Climate Fund e risponde alle priorità fissate dall’Onu, attraverso il Programma per lo Sviluppo – Undp. Prevede la costruzione di barriere e sistemi di difesa delle sponde più vulnerabili e delle infrastrutture più importanti: case, scuole, ospedali, terre coltivabili, siti di interesse culturale. I governi di Australia e Nuova Zelanda hanno recentemente deciso di destinare 17,5 milioni di dollari per finanziare la seconda fase del progetto, a difesa di altri 800 metri di costa e otto ettari di terra: il Tcap 2, da realizzarsi entro metà del 2026 (Elisa Cozzarini).
Nella foto di apertura, di AP Photo/Godofredo/A. Vásquez/LaPresse, il fondatore di Facebook, Mark Zuckberg.
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January 13, 2025 at 07:50PM