Costruire zone umide artificiali conviene davvero?
Uno studio dell’Ohio State University monitora per 29 anni una wetland artificiale nel Midwest statunitense, dove è sparito il 90% di questi ecosistemi. Dopo 15 anni, il tasso di sequestro del carbonio appare stabilizzato
Costruire più zone umide è una buona strategia per mitigare i cambiamenti climatici e ridurre la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. Tuttavia, le zone umide artificiali catturano carbonio in modo efficace solo per pochi anni. La loro capacità di sequestro diminuisce presto. Fino a stabilizzarsi dopo appena 15 anni.
Zone umide artificiali, sono efficaci come quelle naturali?
È il dato che emerge da uno studio guidato dall’Ohio State University che ha analizzato campioni di suolo prelevati in due zone umide costruite, confrontandoli con dati raccolti negli ultimi 29 anni. Il risultato è che dopo il 15° anno, il tasso di sequestro del carbonio si è stabilizzato.
Le zone umide sono ecosistemi caratterizzati dalla presenza permanente o stagionale di acqua, che regola l’ambiente e la vita vegetale e animale circostante. Possono essere:
- zone umide naturali (come paludi, laghi, fiumi, acquitrini, torbiere, delta, estuari e barriere coralline), oppure
- zone umide artificiali (come risaie, stagni ittici e bacini artificiali).
Pur coprendo solo il 6% della superficie terrestre, tutte le wetlands globali ospitano il 40% di tutte le specie viventi. Sono quindi fondamentali per la conservazione di flora e fauna, inclusi numerosi animali migratori. E garantiscono anche un vasto ventaglio di servizi ecosistemici essenziali. Tra cui il controllo delle inondazioni, la ricarica delle falde acquifere e la depurazione naturale delle acque. Ma anche mitigazione del clima, tramite l’assorbimento e lo stoccaggio del carbonio atmosferico.
L’ipotesi di moltiplicare le zone umide artificiali come soluzione basata sulla natura per mitigare i cambiamenti climatici rappresenta una risposta alla drastica riduzione delle wetlands a livello mondiale. La perdita delle zone umide a livello globale è significativa, con una riduzione di oltre il 50% negli ultimi secoli.
E nella regione del Midwest degli Stati Uniti, dove si è concentrato lo studio, la perdita è più grave: in Ohio si stima un declino vicino al 90%. Tassi analoghi a quelli stimati per l’Europa. Dal ‘700 a oggi, l’Italia ha perso più del 75% delle sue zone umide: è uno dei paesi al mondo dove è più estesa la scomparsa di questi ecosistemi.
Equilibrio ecologico stabile
Lo studio, pubblicato su Ecological Engineering, si concentra sul monitoraggio lungo 29 anni dell’Olentangy River Wetland Research Park (ORWRP) a Columbus, Ohio. Qui il tasso medio di stoccaggio del carbonio al 29° anno è 3,58 ± 2,21 kg C/m², pari a 0,12 ± 0,08 kg C/m² all’anno.
Tassi di sequestro del carbonio simili ad altre zone umide, sia naturali che costruite. I risultati indicano che le zone umide costruite analizzate hanno raggiunto un equilibrio ecologico stabile. E possono diventare una soluzione conveniente contro la crisi climatica.
February 3, 2025 at 01:21PM
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La Redazione