“È tempo di agire #TimetoAct”, 12a Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare
In occasione della 12a Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, Waste Watcher ha presentato i dati su “Il caso Italia”. I numeri italiani sono ancora troppo alti, e soprattutto emerge uno scollamento tra la percezione e la realtà. Fondamentale puntare sull’educazione alimentare
Ridurre lo spreco alimentare, mission impossible?
Il 5 febbraio si celebra la 12a Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare. Una riflessione viene subito spontanea: ogni anno, nel mondo, circa 800 milioni di persone soffrono la fame ma si sprecano circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo.
Docente nell’Università di Bologna, nel 2013 Andrea Segrè ha costituito Waste Watcher – il primo Osservatorio nazionale sullo spreco alimentare domestico – e ha ideato la Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare.
Secondo gli obiettivi ONU, ha spiegato Segrè, «nel 2030 lo spreco alimentare dovrà essere di 369,7 grammi settimanali a testa. Per fare questo dobbiamo tutti tagliare, ogni anno, da qui al 2029, circa 50 grammi di cibo sprecato a settimana a testa». Difficile? Forse, ma non impossibile.
Giornata di prevenzione dello spreco alimentare: il caso Italia 2025
Segrè ha presentato il rapporto Waste Watcher International – elaborato in collaborazione con Università di Bologna e Ipsos – con i dati su Il caso Italia 2025 in coincidenza con la 12a Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare.
Quest’anno il tema della Giornata, “È tempo di agire #TimetoAct”, ci sembra quanto mai significativo.
La perdita lungo la filiera alimentare è complessivamente in crescita, considerando la differenza percentuale sul peso rispetto al 2023-2024:
- Agricoltura +14,18%
- Industria -1,53%
- Distribuzione -0,08%
Lo spreco domestico (percepito) cresce invece del 9,41%.
Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare 2025, perché è ancora importante
Il valore complessivo di queste perdite è di 14,101 miliardi di euro per 4,513 milioni di tonnellate. Cifre obiettivamente impressionanti se, come ha affermato Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste nel suo intervento, «basterebbe ridurre lo spreco e si potrebbe nutrire quasi il doppio della popolazione senza dover ricorrere ai cibi preparati in laboratorio».
Si è capovolto l’approccio ai beni in generale e al cibo in particolare: «Prima avevamo un’economia basata sullo spreco e sul consumismo, ovvero più butti e più produci, senza pensare all’impatto di quello che si buttava.
Oggi, fortunatamente, c’è un’inversione di tendenza, dobbiamo cambiare mentalità sia nelle case che nella ristorazione».
Senza qualità cresce lo spreco alimentare
Per il ministro, uno dei nodi dello spreco è la mancanza di qualità, come dimostrano i numeri che coinvolgono maggiormente le famiglie meno abbienti. Invece la qualità deve essere un punto fermo, sempre.
Anche nella carta Dedicata a te la preferenza è per la qualità dei prodotti italiani, dando nello stesso tempo sostegno alle nostre filiere.
Facendo l’esempio delle mense scolastiche, se il cibo è di cattiva qualità ne torna indietro il 70%, se è di buona qualità il 20%. Quindi se si spende poco di più si spreca molto meno.
Quest’anno a ottobre partirà nelle scuole un programma di educazione alimentare in cui si parlerà, tra l’altro, di stagionalità e di corretto utilizzo dei prodotti.
Il prezzo e il valore
Un anno fa lo spreco alimentare era di 126 euro a testa l’anno, quest’anno è di 139,7. Il dato fa riflettere perché forse non siamo più spreconi, bensì più poveri: spendiamo male pensando di risparmiare, invece buttiamo cibo più velocemente deperibile perché di scarsa qualità.
La scontistica è una trappola: compri di più pensando di avere un vantaggio, ma la qualità è più scadente e si butta di più. Non a caso i prodotti più sprecati sono quelli di base: pane, frutta e verdura. Proprio quelli che, se non sono di buona qualità, deperiscono prima e diventano immangiabili.
«Dobbiamo leggere, informarci, scegliere non in base a un prezzo alto o basso, ma in base al prezzo giusto. Questo ci fa capire se dietro a quel prezzo c’è il rispetto dell’ambiente, del lavoratore, se sia una fonte di benessere.
La vera domanda è: perché non comprare meglio, comprare meno e sprecare zero? Siamo convinti che pagare il giusto permetta di sprecare meno e garantire un prezzo giusto ai produttori», conclude Lollobrigida.
Lo spreco alimentare tra percezione e realtà
Il nuovo rapporto Waste Watcher Il caso Italia 2025 sbalordisce per i numeri che presenta.
Ma ancora di più colpisce il fatto che ci sia un netto scollamento tra la percezione dei propri comportamenti e la loro realtà effettiva.
Il 55% delle persone afferma che in famiglia si fa la massima attenzione a non sprecare niente, mentre l’84% afferma di sprecare meno di una volta a settimana.
Qual è stato, in realtà, lo spreco alimentare individuale nell’ultima settimana? L’indagine che Waste Watcher ha svolto in collaborazione con Ipsos ha attestato lo spreco su 617,9 grammi (+ 9,11% rispetto a gennaio 2024).
A conferma di quanto si è detto sopra, i cinque alimenti più sprecati negli ultimi sette giorni sono quelli di base:
- Frutta fresca 24,3 gr (-4)
- Pane fresco 21,2 gr (+5)
- Verdure 20,5 gr (+12)
- Insalata 19,4 gr (+3)
- Cipolle, aglio, tuberi 17,4 gr (-13)
Chi spreca di più e chi è più virtuoso? L’immagine che segue risponde alla domanda.
Cosa succede al ristorante?
Interessante il dato sullo spreco alimentare al ristorante (anche se si tratta di quantità limitate).
Dalla ricerca emerge che più della metà dei locali è attrezzato con il packaging sia per il cibo che per il vino, ma i clienti sono ancora recalcitranti.
Lo ha confermato anche lo chef Filippo la Mantia, Ambasciatore Buone Pratiche Campagna Spreco Zero 2025: «Da circa 28 anni cerco di convincere le persone a portarsi il vino e il cibo a casa, ma non lo vogliono».
La Mantia rileva che la maggioranza delle persone non conosce la stagionalità dei prodotti e il cibo è ridotto a una forma di comunicazione, invece va rispettato: dietro ogni prodotto c’è una persona che lo ha lavorato.
Un tema etico, economico e ambientale
Per Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, la lotta allo spreco alimentare è un tema etico ma anche economico e ambientale.
Il clima ha un impatto forte sull’agricoltura, e a volte ci sono regole altrettanto penalizzanti per i produttori. A questo proposito ha citato l’esempio dei produttori di agrumi, che quest’anno hanno patito una siccità gravissima.
Poiché i frutti sono più piccoli gli agricoltori non possono venderli. Infatti l’UE stabilisce il calibro e il tasso zuccherino degli agrumi, che quest’anno sono sotto il livello consentito: ma non è uno spreco non commercializzarli? E quegli agricoltori non hanno comunque investito tempo, denaro ed energie per produrli?
Dare il giusto valore a quello che si compra
Per Giansanti «i consumatori sono esposti a troppi messaggi, le campagne di comunicazione sono indispensabili se nelle famiglie si spreca un quarto di quello che si compra.
Non è la qualità ma il risparmio economico a orientare le scelte dei consumatori se 2/3 degli acquisti sono prodotti a primo prezzo (1/3 discount, 1/3 prodotto dal distributore): questo fa sì che non si dia il giusto valore a ciò che si compra».
I dati scientifici danno l’obesità in crescita. Contemporaneamente si propongono le diete più balorde: «sarebbe invece fondamentale promuovere un modello di alimentazione sano e variato come dieta mediterranea».
Lo spreco alimentare pesa sull’ambiente
«Lo spreco alimentare sperpera risorse per la produzione di cibo come acqua, suolo ed energia e incide sull’ambiente. La decomposizione del cibo produce metano, un gas serra più potente della CO2.
La popolazione è destinata ad aumentare nei prossimi anni, ridurre lo spreco significa lasciare ai nostri figli un Pianeta più pulito e più vivibile», afferma Paolo Mascarino, presidente di Federalimentare.
L’industria è consapevole dell’impatto dello spreco alimentare: cerca di inquinare meno nella fase di produzione e di allungare la shelf life.
In più la legge Gadda, che favorisce il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari a fini di solidarietà sociale, è diventata strategica anche dal punto di vista sociale. La legge permette infatti di donare prodotti che hanno perso o stanno perdendo il loro valore commerciale ma sono ancora buoni da mangiare.
Le nostre azioni definiscono il futuro
La quantità di scarti domestici è ancora troppo alta. Per Mascarino bisogna agire attraverso «un’educazione alimentare imperniata sui principi della dieta mediterranea: moderazione, varietà, proporzioni appropriate tra i vari gruppi di alimenti in termini di porzioni e frequenza di consumo.
Per l’ottava volta è stata riconosciuta la migliore al mondo per sostenibilità, oltre che particolarmente adatta a prevenire gli sprechi.
I suoi principi sono in contrapposizione alle tendenze che demonizzano alcuni cibi e favoriscono la standardizzazione delle diete e del gusto (come nel caso del sistema di etichettatura Nutriscore).
Ognuno nel suo piccolo può fare la propria parte. Le nuove generazioni sono sensibili a temi come l’ambiente e la riduzione delle disuguaglianze, questo ci fa ben sperare per il futuro. Il futuro siamo noi, lo definiamo con le nostre azioni».
February 5, 2025 at 07:32AM
https://ift.tt/uptlZyD
Isabella Ceccarini