La Groenlandia è un territorio vasto e spettacolare che sta attirando sempre più l’attenzione mondiale. Con una superficie di oltre 2 milioni di chilometri quadrati, circa sei volte quella della Germania, è l’isola più grande del pianeta. Tuttavia, ha una popolazione di soli 57.000 abitanti, rendendola una delle zone meno densamente popolate al mondo.La Groenlandia ha raggiunto in questi giorni il suo massimo livello di popolarità degli ultimi anni e le ragioni di questo sono state ben spiegate dalle analisi dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e dell’Internazionale, che riportiamo qui di seguito.
Negli ultimi anni, due fattori hanno reso la Groenlandia particolarmente interessante sulla scena internazionale. Il primo è legato al cambiamento climatico: la calotta artica si sta riscaldando a una velocità doppia rispetto al resto del pianeta, e questo fenomeno sta trasformando le acque attorno all’isola. Secondo gli studi della Brown University, nei prossimi vent’anni ampie zone vicine al Circolo Polare Artico rimarranno libere dai ghiacci per diversi mesi all’anno. Questo cambiamento potrebbe aprire nuove rotte commerciali che dimezzerebbero i tempi di navigazione tra Asia ed Europa rispetto ai tradizionali passaggi di Suez o Panama.
Il secondo motivo di interesse è il ricco sottosuolo dell’isola, che rappresenta un vero e proprio tesoro di risorse naturali. La Groenlandia possiede infatti enormi giacimenti di petrolio e gas naturale, anche se le condizioni climatiche ne rendono lo sfruttamento ancora poco conveniente. Ma la vera ricchezza dell’isola sono i minerali necessari per la tecnologia moderna e la transizione ecologica. Secondo l’Economist, il territorio groenlandese contiene ben 43 dei 50 minerali considerati strategici dal governo americano, con riserve stimate in 42 milioni di tonnellate – una quantità 120 volte superiore all’intera produzione mondiale del 2023. Tra questi ci sono le cosiddette “terre rare”, fondamentali per la produzione di batterie e veicoli elettrici, o minerali essenziali per l’industria tecnologica moderna come cobalto, litio e nichel.
L’interesse straniero sull’isola
L’interesse degli Stati Uniti per la Groenlandia ha radici storiche profonde. Nel 1867, nel momento stesso in cui acquistavano l’Alaska dalla Russia per 7,2 milioni di dollari (circa 160 milioni attuali), gli americani tentarono anche di acquistare la Groenlandia e l’Islanda dalla Danimarca. L’offerta venne ripetuta alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando Washington propose a Copenaghen 100 milioni di dollari per l’acquisto dell’isola, ricevendo un nuovo rifiuto.
La questione è tornata prepotentemente d’attualità con Donald Trump. Durante il suo primo mandato, nel 2019, l’allora presidente americano aveva già manifestato l’intenzione di acquistare l’isola, definendola “un affare eccellente” per gli Stati Uniti. Ora, tornato alla Casa Bianca, Trump ha ripreso il tema con maggiore insistenza, dichiarando il controllo della Groenlandia “una necessità assoluta” per la sicurezza nazionale americana. Una recente telefonata con la premier danese Mette Fredriksen ha ulteriormente alzato la tensione diplomatica.
Gli Stati Uniti mantengono già una presenza significativa sull’isola attraverso la base militare di Pituffik, installata nel 1951 e considerata una componente fondamentale del sistema di difesa missilistico americano. Tuttavia, sia il governo danese che la popolazione locale si oppongono fermamente a un’acquisizione americana del territorio. Un recente sondaggio condotto dalla società di ricerca Verian per i quotidiani Sermitsiaq e Berlingske mostra che solo il 6% dei residenti groenlandesi vorrebbe che l’isola diventasse parte degli Stati Uniti, mentre l’85% si oppone nettamente a questa prospettiva.
In questa competizione per il controllo delle risorse artiche, la Cina ha recentemente assunto un ruolo sempre più attivo. Approfittando del riscaldamento climatico e del fatto che la Russia è impegnata su altri fronti, Pechino ha iniziato a sperimentare nuove rotte commerciali attraverso l’Artico. Solo nel 2023, navi cinesi hanno effettuato sette transiti lungo queste rotte, dando vita a un primo servizio regolare di trasporto container tra Asia ed Europa attraverso i mari artici.
Ma gli interessi cinesi in Groenlandia non si limitano alle rotte commerciali. Pechino sta portando avanti ambiziosi progetti di esplorazione e sfruttamento minerario sull’isola, suscitando preoccupazione negli Stati Uniti. Washington teme che attraverso queste operazioni economiche la Cina possa ottenere un controllo sostanziale del territorio groenlandese, o almeno rafforzare significativamente la sua presenza a poche centinaia di miglia dalle coste nordamericane.
Per contrastare questa espansione, la Danimarca è intervenuta più volte negli ultimi anni. Nel 2016 ha impedito alla società mineraria General Nice, con sede a Hong Kong, di rilevare la base navale abbandonata di Grønnedal. Nel 2021 ha posto un divieto all’estrazione dell’uranio, bloccando il progetto Kvanefjeld dell’azienda mineraria australiana Greenland Minerals e del suo partner cinese Shenghe Resources, che aveva già investito oltre 100 milioni di dollari nella fase preliminare. A fine gennaio 2025, il governo danese ha inoltre annunciato investimenti militari per oltre 2 miliardi di euro per la “sicurezza della regione Artica”, in collaborazione con i territori autonomi della Groenlandia e delle isole Faroe.
Ma, mentre la Danimarca cerca di mantenere il controllo sull’isola e gestire le pressioni internazionali, la maggioranza dei groenlandesi aspira all’indipendenza. Il primo ministro della Groenlandia, Múte Egede, ha respinto le proposte di Trump ma ha anche ricordato che per raggiungere l’indipendenza dalla Danimarca è necessario sviluppare l’economia locale, e questo significa attrarre investimenti stranieri che permettano di rinunciare ai finanziamenti danesi, che attualmente coprono più della metà del bilancio pubblico dell’isola con un contributo annuo di cinquecento milioni di dollari.
Nonostante le enormi potenzialità, la Groenlandia deve fare i conti con ostacoli considerevoli al suo sviluppo. Come sottolinea l’esperto di materie prime di Bloomberg Javier Blas, l’idea che l’isola possa risolvere rapidamente tutte le carenze di minerali del mondo è “una completa sciocchezza”. Fin dagli anni Settanta si parla delle ricchezze petrolifere della Groenlandia, ma ad oggi sull’isola non si estrae nemmeno un barile di greggio, e l’unica compagnia che ha tentato di sfruttare un giacimento di ferro è fallita.
Il problema principale è che più della metà dei cinquanta siti minerari identificati si trova a nord del Circolo polare artico, in zone dove l’estrazione è molto difficile e costosa, se non impossibile. L’isola ha pochi insediamenti, ancora meno strade mentre la navigazione costiera è complicata. Attualmente ci sono solo due miniere attive, nonostante siano state concesse più di cento licenze.
Quale futuro per la Groenlandia?
Il futuro di questo territorio sarà determinato dal delicato equilibrio tra questi limiti pratici e la sua crescente importanza strategica. Come ha osservato il Wall Street Journal, forse gli Stati Uniti dovrebbero rendersi conto che hanno già in mano una regione che offre gli stessi vantaggi sia dal punto di vista economico sia da quello strategico: l’Alaska. Ma mentre il cambiamento climatico continua a trasformare il paesaggio artico, è chiaro che l’importanza della Groenlandia nella geopolitica globale è destinata solo ad aumentare.
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